1720-1980
da "La Facoltà di
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università di Torino,
1848-1980", vol. I, a cura di C.S. Roero, Deputazione Subalpina di Storia
Patria, Torino 1999.
Questa
rassegna degli sviluppi della fisica torinese tra il 1720 e il 1980 non è
svolta in modo omogeneo. Inevitabilmente l'accento è posto sugli ultimi 50 anni
del periodo considerato, per i quali ho ottenuto testimonianze di prima mano e
ai quali ho in parte partecipato. D'altronde poco era stato finora scritto su
questo periodo mentre per il periodo precedente esistono studi sia generali che
specifici sulle figure degli scienziati.
Consigliamo
di leggere le biografie dei personaggi menzionati nel volume "La Facoltà
di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Torino 1848-1980" vol.II, I
Docenti, a cura di C.S. Roero, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino
1999.
Il
limite superiore concesso al nostro racconto è l'anno 1980.
1.1 Il Vecchio Regime.
1.2 Rivoluzione e Restaurazione.
1.3 Risorgimento.
1.4 Dall'unità alla guerra '15-18.
1.5 Fisica a Torino dal primo al secondo dopoguerra.
1.6 Fisica italiana tra il 1920 e il 1940.
2.1 Il Rinnovamento.
2.2 Aspetti istituzionali.
2.3 L'attività al Laboratorio del Plateau Rosa.
2.4 Emulsioni e palloni.
2.5 Il Laboratorio del Sincrotrone.
2.6 Risonanza di spin elettronico; non conservazione
della parità.
2.7 La fisica teorica.
2.8 Visitatori.
3.1 Introduzione.
3.2 Sviluppi concettuali e fisica teorica torinese.
3.3 Alte energie.
3.4 Fisica del cosmo.
3.5 Fisica nucleare ed energie intermedie.
3.6 Altre attività.
3.7 Calcolo.
3.8 Conclusione.
4.1 Ringraziamenti.
4.2 Abbreviazioni.
4.3 Nomi citati.
La Cattedra di Fisica a Torino ha origini piú antiche che
non la Facoltà di Scienze e vale la pena di richiamarne brevemente la
collocazione e le vicende a partire dalla rinascita dell'Ateneo, nel 1720.
Con la trasformazione in Regno dei Possedimenti del Duca
di Savoia, all'Università viene dato un nuovo assetto. L'insegnamento di Fisica
è presente con una cattedra nella Facoltà di Medicina, Filosofia e Arti; e poi,
col riordinamento del 1737 dell'Università in quattro facoltà, nella Facoltà
delle Arti, insieme alla Matematica, alla Filosofia e all'Eloquenza (con
annesso gabinetto di macchine).
Fino al 1748 l'insegnamento è impartito dai padri Roma
prima e Garro poi, dell'ordine dei Minimi i cui appartenenti si dedicavano allo
studio dei fenomeni naturali. Per la verità i due padri erano naturalmente piú
versati in questioni di etica, e il loro insegnamento era improntato al
cartesianismo piú che alla ispirazione galileiana e newtoniana. Ma ciò è
naturale: non dimentichiamo che Fontenelle, figura di riferimento tra i
cartesiani, muore centenario nel 1757; e che le Lettres Anglaises, in cui
Voltaire paragona gustosamente gli ambienti scientifici londinesi (newtoniani)
a quelli parigini (cartesiani), escono nel 1734.
Il passaggio alla fisica nuova, sperimentale ed
aggiornata, avviene con la nomina del p. Giovan Battista (al secolo Francesco)
Beccaria (1716-1781) nel 1748. Il Re (Carlo Emanuele III), che voleva nominare
il meritevole gesuita newtoniano Francesco Jacquier, si lascia convincere dal
conte Morozzo, riformatore degli studi, a firmare il decreto di nomina appunto
del p. Beccaria, studioso di matematica e di fisica oltre che erudito
conoscitore delle opere degli scienziati, da Euclide a Galileo e Newton.
Personaggio appassionato, dedicato alle scienze sperimentali, polemista
indifferente alle dispute filosofiche ma non a quelle scientifiche, Beccaria si
dichiara galileiano e newtoniano e fautore del metodo sperimentale.
La scienza della meccanica è ormai sulla via della
formalizzazione. Beccaria si dedica cosí ai nuovi appassionanti fenomeni
elettrici e chimici, rifonda l'insegnamento e impartisce un indirizzo moderno
alla ricerca, il cui livello diventa paragonabile a quello dei piú vivaci
centri europei. Esce nel 1753 il suo trattato "Dell'Elettricismo
Artificiale e Naturale Libri Due". Accettando la teoria di Franklin del
fluido unico, Beccaria sistema in questo quadro i fenomeni osservati e
introduce metodi quantitativi. Il suo è, all'epoca, il migliore trattato di
elettrologia: classificazione dei corpi elettrici, funzione del dielettrico nei
condensatori, proprietà magnetiche; inventa e usa quella che poi si chiamerà
"gabbia di Faraday" con una osservazione fondamentale per
l'elettrostatica: "ogni elettricità si riduce alla superficie libera dei
corpi senza diffondersi nell'interiore sostanza loro". Discute tra l'altro
dell'elettricità delle nubi e in generale della connessione con fenomeni
atmosferici e studia la dispersione delle cariche elettriche nell'aria. Cosí
diffonde l'uso dei parafulmini, che quindi verranno adottati in Italia prima
che altrove. Beccaria fu dunque un fisico di primo piano ben noto in campo
internazionale; molto apprezzato, tra gli altri, da Franklin e da Priestley.
Alle sue sperimentazioni Beccaria ammette tre giovani
colti e dedicati alla nuova scienza sperimentale: il conte Giuseppe Saluzzo di
Monesiglio (classe 1734), Gianfrancesco Cigna (stesso anno) e Giuseppe Luigi
Lagrange, nato due anni dopo. I tre frequentano il gabinetto e partecipano agli
esperimenti; nel 1757 fonderanno la società scientifica che poi nel 1783 con
patente regia si trasformerà in Accademia delle Scienze. Tra questo gruppetto e
Beccaria si apre però un'aspra contesa a proposito dell'interpretazione della
calcinazione dei metalli (era il Beccaria ad aver interpretato giusto,
sostenendo sulla base di esperimenti molto precisi che il metallo calcinato
pesa di piú e quindi ha assorbito qualcosa dall'aria). Cosí l'atmosfera tra il
professore da una parte e i tre giovani dall'altra si guasta. Lagrange percorrerà
con ben maggiore perizia i viali della meccanica analitica che non le strade
della chimica settecentesca lasciando Torino nel 1767 per Berlino, ospite per
20 anni di Federico il Grande. Cigna fu soprattutto medico assai noto (tanto
che il Beccaria lo chiamò al suo letto di morte), anche se continuò a dedicare
tempo agli studi di fisica, e il Conte di Monesiglio fu il primo Presidente
Perpetuo della Reale Accademia delle Scienze.
Si deve al Beccaria, coadiuvato dal p. Canonica (che gli
succedette nell'insegnamento dal 1781 al 1788) la determinazione dell'arco di
meridiano, tra Andrate e Mondovì, con base topografica sul rettilineo tra
l'attuale piazza Statuto e Rivoli. Contro il valore numerico ottenuto di 1
grado 7' 44'' si elevano le critiche di Cesare Cassini (la stima basata
sull'ellissoide medio è di 1 grado 8' 14''); le misure successive del Plana
intorno al 1820 stabiliranno la correttezza delle misure di Beccaria e
Canonica: l'anomalia rispetto al calcolo teorico è dovuta alla presenza delle
Alpi la cui attrazione fa deviare la direzione del filo a piombo.
La scuola viene continuata dopo il 1788 dall'abate
Giuseppe Antonio Eandi (1735-1799), supplente di Beccaria e professore di
geometria prima di assumere la responsabilità della fisica e del suo gabinetto.
I suoi interessi sono legati alla medicina, alla tecnica e alla chimica, con
ricerche in particolare su aria, combustione, elettricità artificiale ed
animale. Il suo trattato, "Physicae experimentalis lineamenta ad
subalpinos", scritto in collaborazione col nipote Antonio Maria Vassalli
(1761-1825), ha ampia diffusione in Italia e all'estero. Il nipote, che gli
succede assumendo il cognome Vassalli Eandi, prosegue con competenza e passione
le ricerche su varii aspetti dell'elettrologia; si occuperà anche del sistema
metrico decimale.
I tempi diventano difficili per gli stati assoluti:
l'Università viene chiusa per ordine di Vittorio Amedeo III il 2 novembre 1792.
Essa riapre per ordine del Governo Provvisorio il 15 dicembre 1798, e col
riordinamento successivo (tranne durante la breve occupazione austro-russa)
viene potenziata con l'istituzione di nuove cattedre e scuole e la eccezionale
assegnazione (decreto del primo dicembre 1800) di beni già di enti ecclesiastici
soppressi. E poi, quando la città viene inglobata nell'Impero francese, col
decreto del 10 maggio 1806 l'Università viene a dipendere direttamente da
Parigi. Le scuole speciali vengono portate a nove e se ne regola minutamente la
disciplina e l'insegnamento, ma se ne dimezzano i proventi finanziari.
In questo quadro il 1810 vede nascere la prima Facoltà di
Scienze, con nove cattedre (Fisica, Chimica, Mineralogia, Zoologia, Anatomia
comparata, Matematica trascendentale, Meccanica, Idraulica, Astronomia). Il
modello è l'Ecole Polytechnique. In questo periodo Vassalli Eandi viene
chiamato a Parigi come membro della Commission des Poids et Mesures.
Nel 1814 la restaurazione riporta l'ordinamento a prima
del 1792. La cattedra di Fisica Generale e Sperimentale, il cui titolare è
anche direttore del gabinetto scientifico, è dalla restaurazione nella Classe
di Filosofia; l'istituizone della Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche
dovrà attendere il 1848. Vassalli si ritira nel '22 e al suo posto troviamo il p.
Giorgio Follini fino al 1826.
Ma la tempesta non è passata invano; sono anni esaltanti
per la scienza sperimentale e per le matematiche volte a svilupparne la teoria:
l'ambiente scientifico all'università torinese è di livello molto alto.
Una citazione particolare merita Giovanni Plana
(1781-1864), astronomo e fisico matematico. Di Voghera, ma educato alla Ecole
Centrale di Grenoble (insieme a Stendhal) perché, ironia della sorte, affidato
a una zia acciocché stia lontano, quindicenne giacobino, dalla politica sarda;
quindi vincitore, ottavo su 100 partecipanti del concorso lionese, di un posto
alla Ecole Polytechnique, dove ha per maestri Lagrange e Monge, viene nominato
professore di Astronomia nella nostra università nel 1811 e due anni dopo
direttore dell'osservatorio installato sui tetti del palazzo dell'Accademia
delle Scienze.
Con il ritorno dei Savoia la Facoltà (di creazione
napoleonica) viene soppressa e cosí anche la cattedra di Plana, che diventa
professore di analisi e titolare della Meccanica Razionale presso l'Accademia
Militare. Famoso ed unanimemente apprezzato, Plana passa indenne attraverso le
vicende del '21 e successive. Apprezzato dal re, ottiene di sistemare in
maniera conveniente l'osservatorio in un nuovo edificio sovrapposto ad una
delle antiche torri di Palazzo Madama, posizione allora consigliata per le
ricerche (fu solo nel 1911, dopo l'illuminazione a gas ed elettrica e
l'aumentato inquinamento ottico, che l'osservatorio fu portato a Pino).
Ricordiamo la determinazione, condotta sotto la sua
direzione da una commissione di ufficiali sardi e austriaci, dell'arco di
parallelo medio tra l'equatore e il polo mediante una serie di accurate
misurazioni sia astronomiche che topografiche che collegarono tra l'altro la
rete francese a quella austriaca (e gli fruttarono una alta decorazione
austriaca).
L'opera che lo rese famoso fu la teoria del movimento
della luna, che a differenza delle tavole precedenti non richiede continue
correzioni sperimentali e supera la trattazione del Laplace del 1802 (nella
Mécanique Celéste) vincendo cosí il premio istituito, per suggerimento dello
stesso Laplace, dall'Accademia di Francia.
Amedeo Avogadro (1776-1856), eccezionale figura di
chimico e fisico, laureato in giurisprudenza ma profondamente interessato alla
matematica e alla struttura della materia, dal novembre 1809 è professore al
liceo di Vercelli; aveva già alle spalle alcuni lavori di elettrologia e di
chimica (natura dei sali metallici). Durante il soggiorno a Vercelli pubblica
le due memorie (1811 e 1813) in cui formula la sua famosa ipotesi sulla
costituzione della materia. Questa sua ipotesi tarderà ad essere accettata; ma
oggi una delle costanti fondamentali della fisica porta il suo nome.
La sua attività si manifesta nelle molte pubblicazioni
scientifiche, che per la maggior parte trattano argomenti di chimica - fisica
molecolare. Questa scienza, insieme alla cristallografia, trova una
straordinaria sistemazione nel ponderoso trattato (3700 pagine) "Fisica
de' corpi ponderabili, ossia Trattato della costituzione generale de'
corpi", Torino, Stamperia Reale, 4 voll. 1837-1841.
Viene istituita e affidata all'Avogadro nell'ottobre 1820
la cattedra di Fisica Sublime (prima in Italia). Questo insegnamento tratta dei
principii matematici delle scienze naturali (dal 1860 prenderà il nome di
Fisica matematica che conserva ancora oggi). Ma l'insegnamento viene soppresso
con decreto 24 luglio 1822; invano le note caratteristiche compilate quell'anno
recitano "Avogadro cav. Amedeo, professore di Fisica Sublime. Situazione
politica: nulla da ridire. Reputazione sufficiente. Non si può dire che il cav.
Avogadro sia attaccato al trono e a Sua Maestà, ma nei rivolgimenti di questi
tempi si è comportato senza dare nulla a ridire." L'Avogadro non deve aver
mostrato sufficiente solerzia nel frenare o biasimare gli studenti turbolenti
del 1821: gli viene concessa una piccola pensione dall'Università (600 L.
all'anno) e nel '24 viene nominato Mastro Uditore nella Regia Camera dei Conti.
Nuovi anni di turbamento per i vecchi regimi si aprono
con gli eventi del luglio 1830 in Francia: la nostra Università chiude puntuale
tra il '30 e il '32. L'insegnamento della Fisica Sublime viene ripristinato nel
1832 per accogliere il grande Cauchy che, leale ai Borboni, dopo il cambiamento
di regime accetta la cattedra a Torino, con uno stipendio per la verità
abbastanza ridotto rispetto a quello parigino. E quando il Cauchy se ne parte
per Praga a fare il precettore al giovane pretendente Borbone, Avogadro
rientra, ma in modo non troppo ufficiale, nell'insegnamento della Fisica
Sublime, con disposizione regia del 28 novembre 1834 "per l'insegnamento
provvisionale finché venga da noi altrimenti disposto". E il Calendario
Generale pe' Regi Stati, pubblicato per ordine del Re dalla Segreteria di
Stato, per gli anni seguenti mostra l'indicazione N.N. per quella cattedra che
Avogadro terrà fino al 1850. Il Calendario, ribattezzato nel 1850 Calendario
Generale del Regno, associa di nuovo un nome alla cattedra nel 1854, quando
essa viene affidata provvisoriamente a Felice Chiò (allievo dell'Avogadro) che
ne diventa titolare l'anno dopo.
Nel 1828 la cattedra di fisica viene assegnata a Giuseppe
Domenico Botto (1791-1865), che aveva seguito gli studi prima a Genova poi alla
Ecole Polytechnique. Architetto, capitano del Genio, aveva in qualche modo
partecipato ai moti di Alessandria del marzo 1821, per cui era stato costretto
ad abbandonare l'esercito "demissionato senza l'uso dell'uniforme".
Nominato dal Re professore di fisica nel 1828, la sua patente viene sospesa
affinché una rapidissima indagine ministeriale (dal 5 al 9 giugno) esamini la
sua compromissione nei fatti del '21; stranamente, il Ministro Barbaroux
comunica il 21 alla Segreteria di Stato che "S.M. rimasta intimamente
appagata dagli schiarimenti trasmessi da S.E. il Marchese Brignole sul conto
del S.e Architetto Botto m'impone di scrivere a V.S. Ill.ma di dar corso alle
patenti per le quali viene egli nominato professore di fisica
sperimentale."
L' attività sperimentale del Botto è dedicata a temi
rilevanti per l'epoca: effetti magnetici, termici e chimici delle correnti
elettriche e induzione. Nell'agosto del 1834 in una nota riferisce la
realizzazione di un prototipo di motore elettrico di cui sta sperimentando un
modello; nel 1836 segue la memoria alla Accademia che descrive una
"Machine Loco-motive mise en mouvement par l'électro-magnétisme", a
moto rotatorio. Seguono negli anni una serie di lavori sui bilanci energetici
dei circuiti elettromagnetici per il miglioramento dell'efficienza e il
potenziamento delle macchine elettriche. L'ultimo lavoro, del 1849, propone un
nuovo sistema di codificazione e trasmissione per il telegrafo elettrico,
realizzato nel laboratorio dell'università. Il Botto svolse anche, come era
naturale, una notevole opera di diffusione della cultura scientifica, con
conferenze e pubblicazioni popolari non soltanto di fisica (interessante un
"Catechismo Agrologico, ossia principii di Scienza applicati
all'Agricoltura" Torino Stamperia Reale 1846, di notevole importanza per
diffondere le tecniche atte a migliorare l'agricoltura piemontese). La ricca
biblioteca personale del Botto, donata all'università, costituisce il primo
nucleo della Biblioteca di Fisica come ente separato presso l'Istituto di
Fisica. Con il Botto quindi l'attività di fisica presso la nostra università
mantiene un alto livello.
Silvestro Gherardi (1802-1879), romagnolo, altro esempio di
quella generazione di scienziati direttamente impegnati nel rinnovamento
politico, partecipò agli avvenimenti del '48-49 e fu ministro della P.I. della
breve repubblica Romana. Rifugiato nel regno di Sardegna, dal 1857 al 1861
ricopre la cattedra di Torino e la direzione del gabinetto scientifico (fu poi
deputato della Romagna al primo Parlamento). Esperto di elettricità e di
ottica, fu storico della scienza e gli dobbiamo tra l'altro la pubblicazione
dei testi delle dispute tra Tartaglia e Ferrari (1547) sulla risoluzione delle
equazioni algebriche cubiche. Ma naturalmente il suo impegno torinese è troppo
breve. Gli segue tra il '62 e il '78 Gilberto Govi (1826-1889), combattente
mantovano del 48-49 ed esule in Francia, dove studiò la fisica. Oltre a studi e
misure su svariati argomenti, Govi si occupò anche di storia della scienza con
una importante edizione dell'Ottica di Tolomeo e studi su Leonardo e Galileo.
Dal 1872 fu quasi sempre a Parigi, membro della commissione internazionale pesi
e misure e primo direttore del Bureau International des Poids et Mesures.
Nonostante non fosse professore all'università (ma faceva
parte del Collegio associato alla facoltà) è d'obbligo ricordare l'attività di
Galileo Ferraris (1847-1897), ingegnere, professore di Fisica tecnica al Regio
Museo Industriale, che venne poi annesso al Politecnico; famoso per aver
progettato e realizzato i motori elettrici a corrente alternata. Fu persona di
grande onestà ed estremo altruismo; non volle brevettare le sue invenzioni e
rifiutò una ingente somma per il brevetto da una compagnia americana, perché
riteneva che la scoperta dovesse essere posta al servizio di tutti. "Sono
un professore, non un industriale" ebbe a dire a proposito dell'offerta,
ed era una constatazione, non un atto di alterigia.
Ma, in paragone alla Fisica francese ed inglese e
soprattutto a quella tedesca (Paesi molto piú ricchi), sulla fisica italiana,
tra la seconda metà del secolo e gli anni della rinascita (dopo il 1920),
pesano le condizioni generali. I fisici sono pochi: le cattedre di Fisica
(essenzialmente Fisica Sperimentale e Fisica per Medicina) sono 13 nel 1872 e
20 nel 1927; nel 1872 gli assistenti sono 15 mentre nel 1927 saranno 45. È ben
vero che fanno ricerca in fisica un certo numero di professori di ruolo dei
Licei (anzi, questo è in quasi tutte le discipline un canale abituale di
reclutamento della docenza universitaria). Ma il numero globale resta scarso e
i fisici sono diluiti tra le diverse sedi. In un buon Istituto di Fisica
troveremo tipicamente un professore ordinario, un assistente o due, un tecnico
o due, un custode, e talvolta un professore incaricato. L'Italia umbertina è
povera; non vengono assegnati fondi per la ricerca da parte
dell'amministrazione centrale, le dotazioni per le necessità quotidiane degli
Istituti sono assegnate in sede universitaria.
Nota:
La condizione della Fisica in Italia è descritta in: Giuseppe Giuliani,
"Il Nuovo Cimento, 90 anni di fisica in Italia 1855 - 1944", Percorsi
della Fisica, La Goliardica Pavese, Pavia 1996. Vedere anche "20th Century
Physics: Essays and Recollections, a Selection of Historical Writings by
Edoardo Amaldi", Editors Giovanni Battimelli and Giovanni Paoloni, World
Scientific Singapore 1998, p. 141 (citato in seguito come Amaldi).}
A paragone la matematica sta molto meglio: le cattedre
sono 59 nel 1872 e 64 nel 1927. E il rapporto numerico vale anche per gli
scienziati di eccellenza. Ma la caratteristica quasi generale fu l'incapacità
di adattarsi ai tempi nuovi, ai problemi posti dalla fisica atomica e dalla
radioattività, alla teoria quantistica e alla relatività, quest'ultima lasciata
ai matematici. Bisognerà aspettare Corbino e gli anni 1920 perché in Italia
inizino attività a quei livelli; e il numero dei nostri fisici di grande valore
sarà scarso fino al rinnovamento degli anni '20 e '30.
Cosí, mentre la Matematica ha numeri che permettono di
figurare bene, la Fisica italiana vive senza grandi mezzi. Forse c'è, diffusa,
una sensazione che i principii della fisica siano noti (l'elettromagnetismo
sembra sistemato teoricamente con il trattato di James C. Maxwell (1831 - 1879)
uscito nel 1873). I problemi sembrano riguardare i motori, le applicazioni
delle correnti elettriche, l'illuminazione, le costruzioni civili e navali, i
trasporti; lo studio della conformazione della materia in piccolo sembra
lasciato alla chimica. L'astronomia è essenzialmente una scienza matematica,
osservazione e deduzione delle traiettorie dei corpi celesti, tranne per i
pionieri dell'astrofisica che smentiscono Auguste Comte (1798-1857) che aveva
dichiarato nel 1835 l'impossibilità di conoscere la composizione delle stelle
perché non si possono toccare (ma era già morto quando l'astrofisico padre
Angelo Secchi (1818 - 1878) faceva misure di spettroscopia).
La matematica si dedica, con successo, a sviluppare nuovi
campi affascinanti e ricerche di grande rilievo come la geometria differenziale
saranno poi fondamentali per la comprensione e lo sviluppo della Relatività. Ma
la Fisica matematica rimane caratterizzata dall'attenzione per gli sviluppi
matematici e la loro eleganza formale piuttosto che per il contenuto fisico, e
da un interesse quasi nullo per i dati sperimentali, restando nel proprio
bozzolo (ne seguirà tra l'altro una certa attenzione dei matematici verso la
Relatività mentre la Teoria dei Quanti verrà trascurata da tutti).
D'altra parte la Fisica da noi è essenzialmente Fisica
sperimentale. Manca, in genere, la guida della teoria. è ben vero che i
professori di Fisica sperimentale conoscono le teorie relative alle loro
ricerche; ma la fisica si sta avviando verso una complessità formale senza
paragone con la fisica dell'800 e la comunità dei fisici italiani sarà
sguarnita di fronte alle novità né, la Fisica matematica ricopre questo ruolo.
Solo con la promozione della componente teorica (le prime 3 cattedre di Fisica
teorica sono assegnate nel 1927) se ne porrà rimedio.
In particolare a Torino, tra gli ultimi decenni del
secolo e la seconda guerra, la fisica accentua un carattere eclettico ed
eccessivamente empirico, con sottovalutazione delle indicazioni teoriche,
lontana dai grandi temi. Essa si disperde nell'analisi del comportamento dei
corpi materiali, senza centrare, perlopiú , le questioni piú interessanti.
Andrea Náccari (1841-1926) tenne la cattedra di Fisica
Generale e Sperimentale dal 1878 al 1916. Proveniva dall'Università di Padova.
Termologia, chimica-fisica, elettrostatica,
termoelettricità, conduzione nei gas, fotoelettricità furono le ricerche
perseguite. Secondo la nomenclatura di G. Giuliani
Nota:
G. Giuliani, Op.Cit. p. 110.
si tratta di Fisica Classica e Proprietà dei Materiali.
Náccari fu un bravo sperimentatore di grande pulizia e perizia tecnica, i suoi
esperimenti erano ben preparati e i risultati molto affidabili. Mancava però la
fisica moderna: spettroscopia, atomismo (di cui pur Avogadro è uno dei
fondatori), raggi catodici, radioattività, fisica dei quanti etc. Cosí sono
lontane le grandi questioni teoriche, come la termodinamica e la meccanica
statistica, la struttura della materia, l'elettrodinamica e la questione dei
sistemi inerziali.
Da notare una serie di esperimenti alla ricerca di
effetti di schermaggio della gravità, eseguite con bilancia di torsione, non in
grado naturalmente di rilevare alcun effetto, e i tentativi di rilevare
l'esistenza dell'etere (in contrasto alla relatività einsteiniana) ispirati dai
colleghi Quirino Majorana (1871 - 1957) e Tommaso Boggio (1877 - 1963).
L'Università di Torino era allora molto nota in tutta
l'Italia. benché abitualmente non ci si faccia caso, Torino era anche una città
goliardica , come certa letteratura ci ricorda, e la comunità studentesca
costituiva una componente non trascurabile della vita cittadina. Era in parte
un'eredità risorgimentale, in parte un atteggiamento piuttosto tollerante delle
autorità e laico nella borghesia, a differenza di altre grandi città d'Italia.
Gli studenti affluivano a Torino da molte parti d'Italia, dal Sud come
dall'Italia centrale (dopo il 1918 ci furono molti studenti anche da Trieste e
dall'Istria); la partecipazione di studenti di altre regioni restò cospicua a
fisica fino agli anni '60 e al Politecnico è durata fino ai nostri giorni.
Náccari ebbe quindi parecchi studenti da fuori, alcuni
dei quali occuparono poi cattedre di prestigio rispettivamente a Pisa e a
Firenze: Andrea Battelli (1862 - 1916) e Antonio Garbasso (1861 - 1933). Il
primo fu uno dei fondatori della Società Italiana di Fisica; Garbasso seppe
promuovere a Firenze la formazione di un gruppo di giovani della nuova scuola quantistica
e particellare di cui si dirà.
Sia Battelli che Garbasso ripeterono l'operazione
intrapresa da Náccari a Torino costruendo gli istituti nuovi di Pisa e Firenze
che sono stati occupati dai fisici per generazioni, fino ad oggi. Dobbiamo
infatti a Náccari l'iniziativa della costruzione del nuovo Istituto di corso
D'Azeglio, inaugurato nel novembre 1898. La pianta era a forma di H, aveva due
piani (il terzo piano fu aggiunto nel 1961), un piano sotterraneo ed era
progettato con moltissimo spazio libero. La parte Sud era occupata
dall'Istituto di Igiene. Esso è ancora in uso, tranne il braccio Sud - Ovest
(della ex Igiene) che fu abbattuto nel 1969 per fare posto al nuovo istituto.
Era un grande progresso rispetto alle due stanze e al laboratorio che Fisica
occupava nell'edificio di via Po.
La costruzione fu finanziata, insieme agli altri istituti
del Valentino, da un Consorzio cui partecipavano Comune, Provincia e Governo.
In realtà l'Istituto , la cui costruzione cominciò nel 1886, venne terminato già
nel 1893, ma per quattro anni mancarono i soldi per arredarlo. Confrontate con
i tempi di costruzione del nuovo istituto di via Giuria: dal 1969 al 1986.
Andato Náccari fuori ruolo, la Facoltà chiamò
nell'ottobre 1916 da Genova Luigi Puccianti (1875 - 1952) che pero` nella
primavera accettò la cattedra a Pisa da cui proveniva. Fu quindi chiamato
Alfredo Pochettino (1876-1953) che resse la cattedra di Fisica sperimentale dal
1917 al 1946. Non partecipe al rinnovamento della nuova fisica quantistica e
relativistica, Pochettino si dedicò a ricerche su varii aspetti classici:
elettricità, atmosfera (con lanci di palloni sonda), geofisica. Aveva poca
consuetudine con la teoria della fisica. Teneva lezione di Fisica I e II ad
anni alterni ed i suoi corsi di elettromagnetismo, di cui esistevano semplici
dispense, si fermavano assai prima delle equazioni di Maxwell. Pochettino fu
Preside e Rettore. Fu Presidente dell'Accademia delle Scienze e suo Commissario
alla Liberazione. Chi lo conobbe (in sua età avanzata) lo descrive come un
signore riservato e cortese, dall'aria distaccata, l'accento vagamente romano,
che amava la musica e faceva concerti in casa con le figlie. Quanto alle
capacità sperimentali, almeno nell'ultimo periodo si era impigrito: lo studente
che proponesse qualche sperimentazione si vedeva smontare ogni iniziativa; per
le ricerche che egli assegnava come tesi o sottotesi non dava consigli sulle
procedure che garantissero l'affidabilità dei risultati.
Una assistente di Pochettino e professore incaricato
negli anni '20 e '30 fu Giuseppina Aliverti (1894 - 1982) che si specializzò
nella fisica terrestre ed ebbe una carriera di successo in quel campo. Lasciò
Torino per Pavia nel 1937, mantenendo stretti rapporti fino al trasferimento
all'Istituto Universitario Navale di Napoli nel 1949. Un altro assistente e
professore incaricato dalla personalità di grande rilievo fu Antonio Rostagni
(1903 - 1988), che lasciò Torino nel 1935, professore a Messina e dal 1938 a
Padova dove ebbe un ruolo fondamentale.
Gli ultimi contributi scientifici, con Giuseppe Lovera,
riguardano l'elettricità per gorgoglío, di interesse per stabilire la carica elettrica
della pioggia ma di scarsa rilevanza nel prosieguo della fisica. È un peccato
che quelle misure di scarica dei condensatori nell'atmosfera non abbiano dato
luogo a indagini che, saggiando varie condizioni ambientali, avrebbero potuto
rivelare che gli agenti responsabili della ionizzazione (i raggi cosmici)
provenivano dal cosmo, come concluse Domenico Pacini dagli esperimenti condotti
tra il 1907 e il 1912.
Nota:
Per gli esperimenti di Pacini e in generale per la storia della fisica
sotterranea, vedere C. Castagnoli e O. Morra, "Sul contributo italiano
alla fisica cosmica sottoroccia dal 1905 ad oggi", Giornale di Fisica vol.
XXXV, N. 1-2, 1994 pp. 101 - 126.
Enrico Persico (1900-1969), proveniente dalla scuola
romana, grande esperto di meccanica quantistica, fu chiamato a Torino a reggere
la nuova cattedra di Fisica Teorica nel 1930 per l'interessamento di F.G.
Tricomi che l'aveva conosciuto a Roma. Tricomi dovette superare sia la
resistenza di Somigliana (che stimava Persico ma, da buon fisico matematico,
non vedeva le ragioni di una cattedra di Fisica teorica) che l'indifferenza di
Pochettino. Con la messa a riposo di Somigliana Persico tenne anche il corso di
Fisica matematica. E, sia pure in anni difficili, preparò un gruppo di giovani
con un lavoro i cui frutti verranno raccolti dopo la guerra. Persico ebbe uno
studio presso l'Istituto di Fisica sperimentale, ma aveva pochi contatti con
gli altri abitanti dell'Istituto, a parte Nicolò Dallaporta. La sua presenza
gettò un seme importante negli studenti preparando la rinascita del dopoguerra.
Tra coloro che ne risentirono l'influenza, oltre Dallaporta, troviamo Tino
Zeuli (1909 - 1987), Carola M. Garelli, Guido Bonfiglioli, Luigi A. Radicati di
Brozolo, Francesca Demichelis, Marcello Cini, Augusto Gamba.
Ma Persico, scoraggiato dalle condizioni del dopoguerra,
partì per il Canada nell'autunno 1947. Il corso di Fisica teorica fu tenuto per
supplenza da Piero Caldirola nei due anni successivi e da Gleb Wataghin per
incarico nel 1949/50.
Negli ultimi anni della direzione Pochettino gli abitanti
dell'Istituto continuavano ad essere pochi. A parte Persico
Nota:
Persico era Direttore e unico appartenente dell'Istituto di Fisica Teorica e
dunque era ospite dell'Istituto di Fisica sperimentale.
nell'istituto intorno al 1940 stavano il Professor
Pochettino e quattro assistenti: l'aiuto Pompeo Colombino (1907 - 1982),
Giuseppe Lovera (1912 - 1990), Giovanni Bertolino (1915 - 1960) e Dallaporta.
Bertolino e Dallaporta erano gli assistenti giovani e divennero buoni amici. Si
occupavano delle fisichette ed erano complementari: Bertolino era molto abile
nelle questioni tecniche mentre Dallaporta era di formazione teorica.
Nota:
Dallaporta si era laureato a Bologna e seguì il prof. Orazio Specchia che nel
1934 aveva preso la cattedra a Catania. Invogliato dal prof. D. Graffi, allora
a Torino, partecipò nel 1938 ad un concorso nazionale per assistente. La
condizione impostagli da Pochettino per far parte dell'Istituto di Fisica
sperimentale fu che facesse ricerca sperimentale; e cosí Dallaporta si inventò
quelle ricerche sui momenti di dipolo delle molecole di cui vedremo piú avanti.
Vedere N. Dallaporta, "La mia esperienza di studio e di vita", Annali
di Storia dell'educazione, Ed. La Scuola, 1988, 5, pp. 249-260.
Bertolino fu chiamato sotto le armi nel 1940 e tornò solo
nel 1945. Romolo Deaglio (1899 - 1979), esperto in misure di precisione su
stato solido e in elettronica, proveniva dalla scuola di Perucca al
Politecnico,
Nota:
Eligio Perucca (1890 - 1965) era un personaggio bizzarro, di grande
intelligenza e vivacità ed era un bravissimo sperimentatore; purtroppo era un
fisico classico. Conosceva bene, ed aveva sperimentato, la teoria quantistica
del corpo nero, come conosceva l'atomo di Bohr - Sommerfeld; conosceva la
Relatività speciale, che era però considerata in genere una teoria di interesse
matematico. Non aveva invece dimestichezza con gli sviluppi della meccanica
quantistica moderna e dunque non si interessò alla nuova fisica in un periodo
delicato. Lasciava che gli assistenti conducessero le loro ricerche nel poco
tempo libero, se ne aveva fiducia.
ebbe una cattedra di Fisica superiore a Cagliari nel
1939. Chiamato alla cattedra di Fisica Superiore a Torino nel 1942 (la resse
fino al 1969), se ne stava a dirigere una sezione dell'Istituto Elettrotecnico
Galileo Ferraris, frequentando l'Istituto di Fisica Sperimentale solo per le
lezioni. C'erano, negli anni '40, due tecnici, i signori Carlo Vaschetti e
Gaetano Masera, un famoso bidello che si occupava dei laboratori di fisichetta
(Giovanni Giacosa che andò in pensione nel 1952, sostituito da Giacomo
Trinchero), il falegname Carlo Rubino,
Nota:
La famiglia di Rubino perì a Cavoretto sotto una bomba mentre lui si trovava
all'Istituto.
il custode che abitava al piano rialzato nell'ala nord -
ovest (Giovanni Botto, sostituito nel dopoguerra da Giuseppe Rocca, che abitò
invece nella soffitta della stessa ala) ed era tutto.
Al primo piano era sistemata la biblioteca (attuale sala
Wataghin) il cui arredo risale all'Istituto originale del 1898; si poteva
entrare, guardare libri e uscire senza controlli; un furto era inconcepibile.
Accanto alla biblioteca stava il Direttore Pochettino. Adiacente a nord c'era,
in uno stanzone, il laboratorio personale del Professore (fu poi, ripulito, lo
studio del prof. Wataghin negli anni '50). Sempre al primo piano, di fronte
allo studio di Persico un altro stanzone serviva da stanza per riunioni.
Nota:
Diventò poi lo stanzone dei teorici in cui tutti i laureati teorici tra il '50
e il '60 risiedettero. Nel 53-54 vi troneggiava Regge che scriveva con aria
diabolica su un enorme registro da inventario poggiato su di una vecchia
scrivania nera dotata di una rientranza a semicerchio in modo da circondare lo
scrivente da tre lati.
Enrico Persico occupava una stanza al primo piano (quella
che fu poi di Mario Verde, dove nel 1961 fu ricavato un ascensore); adiacente a
nord si trovava una scala secondaria (ce n'erano ben due oltre allo scalone, tali
da soddisfare qualsiasi norma anti incendii). Dopo lo studio di Persico il
corridoio era chiuso, al di là vi era il misterioso Istituto di Igiene, che non
aveva alcuna comunicazione con la Fisica.
I laboratori 1 e 2 (le "fisichette") erano al
piano terreno, lato nord; il bidello Giacosa vi imperava: redarguiva, dava
consigli, insegnava a manovrare gli apparecchi e alla fine faceva le esperienze
con gli studenti (cui elargiva il titolo di "dottore" dall'inizio del
quarto anno). Al piano terreno stavano anche Colombino (sotto Pochettino) e
Dallaporta (sotto Persico). Di fronte a Dallaporta, un'aula per i fisici (poi
chiamata aula A). Lo studio di Lovera, assistente prediletto del professore e
l'unico con cui discutesse, era al primo piano di fronte allo studio di
Pochettino, mentre Bertolino stava in una stanza scaldata in fondo alla
"Siberia" (vedere piú avanti).
Il laboratorio del terzo anno stava nel sotterraneo ma
praticamente era dappertutto: il prof. Pochettino assegnava qualche vago
compito e lo studente doveva arrangiarsi da sé in stanze polverose tra
apparecchi abbandonati di ogni genere magari divertendosi a mettere in funzione
qualcosa, o almeno capire il funzionamento di quel che la sorte gli aveva messo
tra le mani. Colombino si occupava della parte elettronica; era ben lieto di
insegnare i fondamenti dell'elettronica a chi desiderasse accostarvisi, il
resto non lo riguardava.
Tutto il resto erano stanzoni in cui gli apparecchi si
accatastavano. Al primo piano, al fondo della parte Nord, nel braccio Ovest,
c'era una zona quasi sgombra (forse l'unica), priva di riscaldamento (era
chiamata la Siberia) in cui gli studenti, con l'aiuto di una stufa a legna che
il misericordioso Giacosa accendeva, (durante la guerra bisognava portare la
legna) si sistemavano per condurre le loro ricerche.
Alla fine degli anni trenta chi ricorda la vita
dell'Istituto la descrive cosí: alcune stanze con qualcuno dentro, tanti
stanzoni con apparecchiature accatastate e niente vita in comune. Nel caso di
Persico, che aveva una conoscenza robusta delle cose importanti, la cosa aveva
i suoi lati positivi: Persico aveva molto tempo per lavorare, era informato in
modo operativo su ogni aspetto della fisica e chi bussava alla sua stanza
trovava un tesoro di informazioni e di consigli.
Il Direttore veniva raramente, non si informava delle
attività scientifiche degli assistenti e si rinchiudeva nel suo studio -
laboratorio (e aleggiava nel corridoio il sentore del suo sigaro toscano). In
questo non si discostava molto da molti suoi colleghi (non tutti) che
dirigevano altri istituti. Ciò era vero sia in Fisica che in altre discipline,
ma per la fisica, sia il divario rispetto agli istituti dove si faceva fisica
moderna che il paragone con l'espansione del decennio successivo rendono piú
evidente questa situazione di stagnazione. Testimoni del periodo qui descritto
mi hanno assicurato che, a parte l'insegnamento di Persico e gli interessi di
Dallaporta, non v'era stimolo a interessarsi di fisica.
La piú vivida descrizione delle condizioni dell'Istituto
è data da Primo Levi che vi lavorò nel 1941 da allievo interno:
Nota:
Primo Levi "Il Sistema Periodico", capitolo Potassio; Giulio Einaudi
Editore, Torino 1994 p. 56.
"L'interno dell'Istituto di Fisica Sperimentale era
pieno di polvere e di fantasmi secolari. C'erano file di armadi a vetri zeppi
di foglietti ingialliti e mangiati da topi e tarme; erano osservazioni di
eclissi, registrazioni di terremoti, bollettini meteorologici bene addietro nel
secolo scorso. Lungo la parete di un corridoio trovai una straordinaria tromba,
lunga piu' di dieci metri, di cui nessuno sapeva piu' l'origine, lo scopo e
l'uso: forse per annunciare il giorno del Giudizio, in cui tutto ciò che si
asconde apparirà. C'era una eolipila in stile Secessione, una fontana di Erone,
e tutta una fauna obsoleta e prolissa di aggeggi destinati da generazioni alle
dimostrazioni in aula: una forma patetica ed ingenua di fisica minore, in cui
conta piú la coreografia del concetto. Non è illusionismo né gioco di prestigio,
ma confina con loro."
Levi racconta di aver chiesto invano nel 1940 a parecchi
chimici di diventare allievo interno; per timore o per fede fascista, l'allievo
ebreo era indesiderato. Trovò invece a Fisica un "Assistente".
Nota:
L'"Assistente" di cui parla Levi in quel capitolo è Nicolò
Dallaporta, che mi ha detto di non aver mai incontrato un ragazzo
dall'intelligenza cosí evidentemente straordinaria come lo studente Primo Levi;
i due divennero amici.} che suggerì un soggetto e diede la possibilità di
svolgere all'Istituto di Fisica le attività sperimentali richieste per poter
conseguire la laurea in chimica (la tesi, teorica, fu svolta col prof. Ponzio.
Levi passò l'esame di laurea a pieni voti e lode il 12 giugno 1941 presentando
come tesina il lavoro fatto all'Istituto di Fisica sperimentale).
Arrivato a Torino nel marzo 1938, Dallaporta, come mi
disse recentemente, non aveva idee precise su cosa fare in fisica e si era
presentato a Persico per un orientamento sugli studi da intraprendere. Questi
gli propose di leggere il Mott e Massey (urto quantistico) e gli suggerì di
studiare gli urti ione - atomo. Dallaporta impostò e condusse a buon fine uno
studio teorico dell'urto ione He contro atomo di He. Questo lavoro gli fece
guadagnar credito a Padova, perché Rostagni, quando era ancora a Messina, aveva
fatto esperimenti proprio su quel fenomeno e i suoi risultati coincidevano con
i calcoli di Dallaporta che Persico gli aveva mostrati. Cosí dall'autunno 1940
Rostagni gli offrì due incarichi a Padova dove Dallaporta si trasferì
nell'autunno 1942, quando si liberò un posto di assistente. Dallaporta ebbe la
cattedra di Fisica teorica a Padova nel 1947. Gli altri vincitori del concorso
furono Bruno Ferretti e Piero Caldirola.
Parecchi dei macchinari ed apparati radunati negli
stanzoni venivano cannibalizzati dai tecnici per produrre nuovi apparecchi. Nel
novembre 1942 uno spezzone incendiario danneggiò gravemente tutta l'aula magna
e i locali adiacenti. Il recupero di apparecchi dalle macerie fu lungo e
penoso. Negli anni della guerra Giacosa trasformò il grande giardino verso il
Corso in un meraviglioso orto: ogni genere di ortaggi cresceva con quelle cure.
Anche le aiuole tra i vialetti dal lato di via Giuria producevano rigogliosi
fagioli e pomodori.
Sul piano nazionale in quegli anni dal '20 al '40 molte
cose erano successe.
Nota:
Per la storia degli anni tra il 1920 e il 1960 si veda Amaldi, op. cit.,
Castagnoli e Morra, op. cit., C. Castagnoli, "I 50 anni del Laboratorio
della Testa Grigia", Quaderni di Storia della Fisica 3, 1998, pp. 53 -
126.
A Roma per iniziativa del direttore Orso M. Corbino (1876
- 1937) si era sviluppato il ben noto gruppo; nel '27 si era tenuto il primo
concorso a cattedre di fisica teorica, vinto nell'ordine da Fermi (1901-1954)
(che prese la cattedra a Roma), Persico (che andò a Firenze) e Aldo Pontremoli
(1896 - 1928) a Milano.
Nota:
Pontremoli perse la vita nella spedizione Nobile al Polo col dirigibile Italia.
A Milano gli succedette Giovanni Gentile jr (1906 - 1942).
Un po' a parte stava la personalità di Ettore Majorana
(1906 - 1938).
Da Roma il vangelo quantistico portato da Persico si
diffuse a Firenze, dove, sotto l'egida di Antonio Garbasso, direttore dell'Istituto,
si era formato un gruppo sperimentale di grande valore che fece importanti
esperimenti sui raggi cosmici, con Bruno Rossi (1905 - 1993),
Nota:
Il primo laboratorio ad alta quota fu realizzato da Rossi all'Asmara nel 1932 a
2400 metri di elevazione; la latitudine tropicale servì a mostrare un eccesso
da Ovest nella direzione di provenienza della radiazione. Interpretando
l'effetto come dovuto all'interazione tra la carica elettrica del primario e il
campo magnetico terrestre si stabilì che i primari hanno carica positiva,
quindi protoni o nuclei.
Gilberto Bernardini (1906 - 1995), Beppo Occhialini (1907
- 1993) e poi Sergio Debenedetti (1913 - 1994) cui si aggiunse il teorico
Giulio Racah (1909 - 1965). Rossi prese la cattedra a Padova nel 1936 ed
esercitò un influsso fondamentale: progettò il nuovo istituto (ancora oggi in
funzione) e condusse importanti ricerche sui raggi cosmici. Aveva chiamato alla
cattedra di fisica teorica Gian Carlo Wick (1919 - 1992)
Nota:
Al secondo concorso di Fisica Teorica, nel '37, la terna dei vincitori era
formata nell'ordine da Gian Carlo Wick, Giulio Racah e G. Gentile jr. Wick andò
a Palermo, Racah a Firenze e Gentile a Milano. Majorana era stato
precedentemente nominato dal ministero Professore per meriti straordinari ed
era a Napoli. Per la biografia di G.C. Wick si veda V. de Alfaro, "Gian
Carlo Wick", Acc. Sci. Torino, Atti Sc. Fisiche vol. 127, 1993,
pp.139-155; Amaldi, op. cit. pp.128-140.
che fu ben contento di collaborare alle ricerche del
gruppo sperimentale sui raggi cosmici.
Ma l'atmosfera ufficiale di estremismo guerraiolo
(Etiopia, Spagna) cominciò a danneggiare la fisica italiana. Se ne andarono
molti, disgustati dall'atmosfera ufficiale . Wataghin era già partito nel 1934,
Nota:
Allenato dalle vicende della vita, Wataghin sentiva l'odore dei torbidi
politici lontano un miglio. Un giorno mi disse: "Sai, sono sfuggito alla
rivoluzione russa, al fascismo e alla guerra, e vuoi che mi facciano paura
questi studenti?" Era l'inverno del 1968: partì per il Brasile per
parecchi mesi.
Bruno Pontecorvo (1914 - 1994) aveva preso già nella
primavera del '36 una borsa di studio presso il laboratorio di Joliot - Curie.
Rasetti era andato alla Columbia University per un anno nell'autunno 1935. Andò
poi via definitivamente, all'inizio dell'estate del 1939, in Canada, alla Laval
University.
Il nucleo fiorentino si dissolse. Occhialini, ritornato
dopo un periodo in Germania e una lunga permanenza a Cambridge (nei lavori con
P.M.S. Blackett (1897 - 1974) il suo contributo di conoscenze di tecniche
sperimentali sui contatori fu essenziale) a Firenze, la trovò sguarnita: di
Rossi si è detto, Bernardini era professore di Fisica a Camerino (e passò alla
cattedra di Fisica superiore a Bologna dal 1938); sviluppò una intensa
collaborazione con Roma. Antonio Garbasso era morto, Persico era andato via da
un pezzo. L'insopportabile atmosfera politica indusse Occhialini ad accettare
l'invito di Wataghin; nel 1937 si trasferì in Brasile, a San Paolo, dove trovò
un ambiente di giovani fisici entusiasti e proseguì le ricerche sui raggi
cosmici.
Le infami disposizioni razziali, promulgate tra il luglio
e il novembre 1938, colpirono in pieno la scienza italiana, Tra i tanti, furono
cacciati via dall'Università ed emigrarono Bruno Rossi (a Copenhagen, ottobre
1938) ed Emilio Segrè (1905-1989) (a Berkeley, estate 1938). Partirono, o erano
già partiti, Sergio Debenedetti, Giulio Racah, Ugo Fano e parecchi altri. Fermi
si era allontanato da Roma approfittando del Premio Nobel nel dicembre 1938 con
un permesso di un anno sabbatico ma con l'idea di restarsene fuori, disgustato
nonostante i propri privilegi.
Edoardo Amaldi (1908 - 1989) si trovò quasi solo ma non
perse mai le speranze di poter fare progredire la fisica in Italia (vi riuscì
nel dopoguerra con intelligenza, tenacia e iniziativa). Fu un punto di
riferimento per quelli che erano rimasti. Consigliato da Fermi, offrì a Wick la
cattedra di fisica teorica a Roma nell'autunno del 1940. L'entrata dell'Italia
in guerra aggiunse immense difficoltà e l'attività di ricerca fu paralizzata.
Il primo apparato della serie di esperimenti che chiarirono le proprietà del
muone, costituente della componente penetrante dei raggi cosmici, fu montato da
Marcello Conversi (1917 - 1988) e Oreste Piccioni in uno scantinato del liceo
Virgilio nella Roma del 1943 - '44; Ettore Pancini (1915 - 1981), il cui nome è
associato a quelli di Conversi e Piccioni nell'esperimento finale, era allora
sotto le armi.
Nota:
Per la vita di Pancini si veda Amaldi, op.cit. pp. 388 - 414.
Molti fisici (tra cui Amaldi) furono richiamati o erano
di leva. Anche a Padova Rostagni, direttore dell'istituto dal 1938, cercò di
salvare una certa idea della ricerca e un po' di attività sperimentale (nel
1944-45 l'istituto era ridotto a due o tre persone).
Ma la grande stagione del rinnovamento torinese si
avvicina. Persico col suo insegnamento aveva mostrato il gusto della fisica ai
suoi studenti e ne aveva destato l'interesse con i suoi consigli e le sue
informazioni.
Romolo Deaglio aveva fondato il reparto di fotometria al
Galileo Ferraris nel 1933, organizzando il lavoro con perfezione. Nel fervore
del dopoguerra egli favorì il rinnovamento realizzando, sempre al Galileo
Ferraris, un "Centro di Studi di elettrofisica" che svolse ricerche
di spettroscopia a microonde. Deaglio cercò sempre di avvicinare le ricerche di
fisica alle ricerche applicative e farle influire sul progresso tecnologico; in
particolare in quel periodo cercò di promuovere un organismo di cooperazione e
piú tardi, nel 1969, anche il suo lavoro per istituire il Corso di laurea in
Informatica va visto in parte sotto questo profilo. Agiva in lui un profondo
senso di responsabilità nei confronti della comunità.
Nota:
Nel 1945 - 46 simpatizzava per il Partito Socialista.
Pochettino andò in pensione nel novembre 1947, e Deaglio
si dedicò all'Istituto fisico con energia e capacità organizzativa per creare
un ambiente adatto al sviluppare la ricerca. Rigenerò l'Istituto: vennero
sarchiate e riordinate le cataste di roba vecchia, si fece piazza pulita di
molta roba inutile; si rifecero gli inventarii. Le cose interessanti furono
salvate e riordinate negli armadioni dell'Istituto. Si formarono i servizi, una
attivissima falegnameria , officina meccanica, un elettricista, pulizie (si
aggiungeranno poi l'officina elettronica e il servizio stampa). Nei primi anni
50 furono reclutati, per mezzo dell'INFN, molti tecnici di valore tra cui gli
elettronici Pelli e Armando Ferrero (che poi passarono alla FIAT quando sembrava
interessata alle centrali nucleari), Italo Tricomi (responsabile dell'officina
elettronica), i tecnici del Sincro Giuliano Micheletta (responsabile tecnico),
Alberto Benedetto (meccanica) e Giuliano Pereno (strumentazione e operazione),
i tecnici osservatori delle emulsioni Massimo Greco, Giuseppe Algostino, Nicola
Borrelli e Piero Trossero e poi i disegnatori meccanici Benedetto Tencone,
Giuseppe Perrone e Luigi Valsasna, primi di una lunga serie di elettronici e
tecnici; gli amministrativi Marisa Garella e Rita Aimone. Ai servizi generali
sopravvedeva Federico Porqueddu, il tecnico di grandissima capacità e
competenza che dal Galileo Ferraris si trasferì all'Istituto di Fisica, esempio
di quella sagacia con cui Deaglio selezionò giovani laureati e personale per le
nuove attività dell'istituto. I danni dei bombardamenti furono riparati, fu
ricostruita l'aula magna i cui banchi digradanti furono rifatti in Istituto dal
falegname Rubino che costruì anche tutti i mobili da studio, alcuni dei quali
tuttora in uso.
Il problema piú importante fu la successione alla
cattedra di Fisica Sperimentale. Deaglio avrebbe potuto trasferirvisi e
diventare il capo indiscusso di tutta la fisica; ma con senso dell'istituzione
e lungimiranza preferì cercare un nuovo professore che desse impulso alla
fisica moderna. Cosí scelse Gleb Wataghin, (che conosceva dai tempi del
Politecnico) che nel novembre 1948 fu chiamato alla cattedra di Fisica
Sperimentale.
Wataghin (1899-1986) era ben noto all'ambiente torinese
dove era giunto profugo nel 1919 e si era laureato nonostante le enormi
difficoltà, in fisica nel 1922 e in matematica nel 1924. A lungo professore
alla Reale Accademia e Scuola di Applicazione, fu per un certo tempo l'unico
fisico a Torino che conoscesse, tra gli anni '20 e '30, la nuova fisica
quantistica e vi lavorasse (fu lui a consigliare a Gian Carlo Wick il soggetto
della tesi e a seguirne la preparazione). Estremamente versatile, capace di
lavorare nella teoria come nella fisica sperimentale, all'avvicinarsi della
guerra si era trasferito in Brasile dove è oggi considerato uno dei padri
fondatori della fisica; aveva all'attivo anche molte campagne di misure di
raggi cosmici in luoghi remoti dell'America latina e una immensa, prorompente
carica di entusiasmo per la fisica. Wataghin aveva avuto sempre una percezione
immediata delle cose importanti nella fisica contemporanea; aveva pubblicato
lavori di argomento quantistico già negli anni 1925-26, si era occupato di
meccanica quantistica relativistica, di astrofisica, di raggi cosmici, di
particelle, di formazione degli elementi, di teoria dei campi. Tornato a Torino
in quegli anni parlando un italiano che risentiva dei molti anni passati in
Brasile (e dell'origine russa), estremamente affabile, poco accademico, dalla
conversazione rapida e affascinante, perfettamente a conoscenza della fisica e
dei fisici (eppure, se c'era uno fatto da sé era proprio lui!), appariva ai
giovani come un mago piombato da uno strano mondo, un essere bizzarro la cui
natura profonda era ignota ma il cui influsso entusiasmava.
Nel giro di due anni la terna dirigente dell'istituto si
completò con la chiamata di Mario Verde (1920-1983), giovanissimo vincitore del
concorso di Fisica Teorica.
Nota:
Gli altri due furono Giampiero Puppi e Antonio Borsellino. Può essere
interessante ricordare che questo fu il primo concorso in cui 3 su 5 commissari
erano vincitori di concorsi teorici (Ferretti, Caldirola e Dallaporta; gli
altri due furono Careri e Wataghin). Cosí avvenne anche nel concorso seguente.
Nel concorso di Teorica del 1947 invece ci fu un solo commissario teorico
(Persico) e 4 sperimentali. La ragione era che c'erano pochi professori di
fisica teorica.
che prese servizio nel dicembre 1950. Verde era un
brillantissimo teorico proveniente dalla Scuola Normale di Pisa e dall'istituto
di Roma, con alle spalle un soggiorno in Germania e un lungo periodo di ricerca
all'ETH di Zurigo con Pauli e Scherrer. Pauli apprezzava i suoi lavori e lo
ebbe in grande considerazione.
Da allora cominciò per l'Istituto una stagione di
successi che fulmineamente lo portarono al livello dei migliori istituti
italiani ed esteri. Intorno alle capacità organizzative di Deaglio, con
l'impulso della personalità di Wataghin e la profonda cultura matematica e
teorica di Verde si formò negli anni '50 una generazione di fisici entusiasti
che parteciparono alle ricerche di avanguardia, viaggiarono e soggiornarono a
lungo all'estero.
Dal punto di vista formale esistevano negli anni '50
quattro Istituti: Fisica Sperimentale, Fisica Teorica, Fisica Superiore e
Fisica Terrestre e Geodesia. In un senso non ben precisato gli altri Istituti
erano ospiti dell'Istituto di Fisica Sperimentale, e i loro possedimenti
consistevano in un inventario di pochi beni e soprattutto di libri. Da ogni
punto di vista pratico si parlava dell'Istituto di Fisica che nell'uso comune
indicava l'edificio di via Giuria - Corso D'Azeglio e il suo contenuto in
persone e mezzi. L'afferenza formale non contava gran che: Cini e Gamba,
teorici, furono assistenti di Fisica Sperimentale come Carola Garelli. Il primo
assistente di Teorica fu Tullio Regge. Nel 1961 l'Istituto di Fisica Terrestre
fu inglobato in Fisica Superiore.
Nella biblioteca venivano riversati tutti i libri comprati
sotto bilanci diversi (Istituti e INFN). Funzionava benissimo, era abbonata a
tutte le riviste di qualche importanza e rapidamente si comperarono i libri
importanti che uscivano via via. Il bibliotecario Michele Ceriana - Mayneri,
appassionato bibliofilo, sarebbe arrivato all'inizio degli anni '60 a imporre i
nuovi metodi di catalogazione; da lui la biblioteca fu organizzata con passione
e grande efficienza (si deve a lui tra l'altro il recupero di libri antichi
trovati in un sottoscala e in soffitta e la catalogazione dei libri e degli
opuscoli e miscellanea di interesse storico).
L'ombrello del CNR servì per le prime iniziative di
ricerca della comunità dei fisici sul piano nazionale. Già alla fine
dell'estate del 1945 a Roma si formò , per iniziativa di Amaldi, un Centro di
Studio della Fisica Nucleare e Particelle Elementari del CNR. Fu la struttura
nella quale si inquadrò la realizzazione del Laboratorio della Testa Grigia al
Plateau Rosa. Nel gennaio del 1947 a Padova fu fondato un analogo Centro Studio
degli Ioni Veloci (si stavano munendo di un acceleratore lineare van der
Graaf). Il 1 luglio 1951 si formò a Torino il Centro Sperimentale e Teorico di
Fisica; a Milano nell'agosto si aggiunse un centro analogo.
Diventava evidente la necessità di coordinamento
nazionale e per questo fine, a seguito dei lavori di un comitato formato da
Eligio Perucca (Presidente del Comitato Fisica del CNR), Edoardo Amaldi e
Gilberto Bernardini, venne fondato l'INFN, articolato, con decreto 8 agosto
1951, nelle quattro sezioni di Roma, Torino, Milano e Padova. Una grande strada
era stata percorsa da Torino in pochi anni.
Nota:
L'INFN costituisce un esempio di perfetta organizzazione della scienza nazionale.
Integrato con l''Università, ha avuto una funzione essenziale nella diffusione
delle idee e delle tecniche, nella scelta delle attività e nel coordinare la
collaborazione nazionale e internazionale. Per la storia della ricostruzione
degli studi in Fisica in Italia e in Europa si consulti E. Amaldi, op. cit.
Nel dopoguerra i campi piú interessanti erano la fisica
dei nuclei e la nascente fisica delle particelle. Apparve impossibile portarsi
a livello dei Paesi vincitori nel campo della conoscenza dei nuclei. La fisica
delle particelle parve invece una strada percorribile con gli scarsi mezzi
disponibili: esisteva una notevole tradizione italiana di studio dei raggi
cosmici. Per sviluppare queste ricerche fu costruito nel 1947 il laboratorio
del Plateau Rosa (Laboratorio della Testa Grigia) a 3500 m.s.l.m.
Nota:
Per una storia della stazione e della fisica che vi si fece, consultare
Castagnoli, op. cit.
Progettato nel 1947 da Gilberto Bernardini ed Ettore
Pancini nell'ambito del Centro di Studio della Fisica Nucleare e Particelle
Elementari, era gestito dal CNR. Il primo direttore fu Bernardini (dal 1946 al
1949) seguito da Ettore Pancini (1949-1952). Il successivo direttore fu
Giuseppe Fidecaro (1953-54). Sergio Ferroni tenne le funzioni dal 1955 al '58,
anno in cui il laboratorio fu chiuso (riprese a funzionare per iniziativa di
Castagnoli che lo diresse dal 1965 a tutt'oggi). Nel laboratorio gruppi di Roma,
Torino, Milano e Padova montarono apparati per rivelare i raggi cosmici che
usavano tecniche di emulsioni, contatori, camere a nebbia e a ionizzazione. I
problemi da studiare riguardavano le proprietà dei raggi primari (loro natura
ed energia) che i tipi di particelle prodotti e le loro interazioni.
Wataghin vi partecipò con un gruppo di entusiasti che si
davano i turni: Carola M. Garelli, Marcello Cini, Piero Brovetto, Sergio
Ferroni, Filippo Ferrero (1928 - 1996), Giovanni Bertolino e Ugo Farinelli.
Martina Panetti, Pompeo Colombino e Giorgio Ghigo curavano l'elettronica.
Nota:
Giorgio Ghigo (1929 - 1968) aveva grandi capacità di elettronica. Pochi anni
piú tardi fu carpito dai colleghi romani per la realizzazione del Sincrotrone
di Frascati. Una parte notevole del successo nella sua costruzione fu proprio
dovuta alle capacità pratiche di Giorgio Ghigo. Morì non ancora quarantenne nel
1968.
La fisica dell'esperimento torinese riguardava
l'intensità e la distribuzione di carica dei primari, lo studio degli sciami
atmosferici estesi (EAS)e la produzione multipla, per la quale Wataghin aveva
formulato un modelloteorico che gli esperimenti confermarono. I contatori
Geiger usati dal gruppo torinese erano costruiti in Istituto da Vaschetti.
L'efficienza di costruzione era bassa: se c'era fretta venivano costruiti
peggio e parecchi non funzionavano. La pazienza è sempre stata una componente
importante della ricerca.
Ogni tanto qualcuno nel suo turno faceva modifiche e non
sempre si ricordava di comunicarle agli altri, con successive perdite di tempo.
Una valvola termoionica veniva usata un po' per un esperimento torinese e un
po' per una del gruppo romano di Fidecaro.
Talvolta i turni si prolungavano per il maltempo; le
funivie non andavano per settimane e si doveva aspettare. La sofferenza
maggiore era per le sigarette (allora quasi tutti fumavano) mai sufficienti se
l'isolamento si prolungava. Si schiodavano le tavole dell'impiantito alla
ricerca di cicche. La sola compagnia in quel caso era quella dei Carabinieri,
unico altro nucleo di vita nei paraggi. Ma nelle belle giornate arrivavano i
turisti che ammiravano i "cosmici". Talvolta, dopo la metà degli anni
'50, arrivava la Televisione e i fisici posavano con gli apparecchi o
improvvisavano la scenetta del fisico che va a valle a prendere vettovaglie.
Per girare questa scena un fisico torinese si mise il sacco, fece un paio di
curve con gli sci in perfetto stile di allora e si ruppe malamente una gamba
sotto l'occhio televisivo.
L'atmosfera del laboratorio era caratterizzata da un
entusiasmo e un impegno senza pari. In quegli anni erano presenti, oltre al
gruppo di Torino, diversi gruppi di Roma e un gruppo di Milano. I giovani
lavoravano con impegno, intelligenza, dedizione, senza pensare al futuro, a cattedre
o carriere che in quei tempi di povertà sembravano precluse -- le cattedre
esistenti mai avrebbero potuto accomodare tutti quei giovani. Alberto Gigli
Berzolari scrisse a questo proposito: Non avevo mai visto -- né avrei poi visto
in seguito -- tanta ricchezza intellettuale e tanta povertà economica in cosí
poco spazio.
Nota:
Castagnoli, op.cit. p.102.
Si lavorava per il gusto, per la libertà, per la sfida
intellettuale, perchè, studiare come è fatto il cosmo quando fuori dal
laboratorio ci sono 30 gradi sotto zero e la tormenta infuria è un impegno
romantico per un fine altissimo, la conoscenza. Bisogna aver vissuto esperienze
analoghe per capire questo entusiasmo. Ognuno, compreso Amaldi e Wataghin che
erano i soli professori, si assoggettava alla stessa routine per il
funzionamento del laboratorio. Era in fondo uno degli aspetti della
ricostruzione - i fisici italiani si rimettevano a fare fisica con immenso
entusiasmo. Il laboratorio fu un nucleo essenziale per far lavorare insieme
fisici di diverse Università e ritengo sia stato un importante esperienza per
preparare la formazione dell'INFN.
Per l'Expo Universale di Bruxelles del 1958 Wataghin
ricevette dal CNR l'incarico di preparare un'esperienza sui raggi cosmici.
Colombino e il giovane Gian Bonazzola misero in funzione una versione ridotta
dell'esperimento in corso a Plateau Rosa realizzando un sistema di contatori
Geiger e di assorbitori di piombo che mostrava in tempo reale l'esistenza di
una componente penetrante della radiazione cosmica e contava i muoni. I
circuiti elettronici erano miniaturizzati mediante transistor, unica esperienza
con questa tecnica nuova in tutto il Palais des Sciences. Fu un grande successo
di pubblico e di prestigio per il Paese.
Nell'ansia del rinnovamento Carola Garelli e Renato
Malvano (1919-1980) si erano messi a fare ricerche con microonde presso il
presso il Centro di Elettrofisica del Galileo Ferraris. Si utilizzava materiale
militare di recupero (klystron, guide d'onda etc.) dell'ARAR. Poi, verso il
1948, si liberarono alcuni posti di assistente: Garelli andò all'Istituto,
Malvano al Politecnico.
Al Poli, da Perucca, Francesca Demichelis (1921 - 1995)
era assistente da alcuni anni; nel gennaio 1946 ebbe il posto anche Radicati. Ai
due si aggiunse nel 1947 Augusto Gamba (1923-1996), prima come assistente
incaricato poi come assistente di ruolo. Furono raggiunti da Sergio Fubini,
laureato nell'estate 1950.
Wataghin era informato sull'uso delle emulsioni per
registrare tracce di particelle ionizzanti; aveva partecipato anche al primo
incontro tra fisici europei del dopoguerra, tenuto a Cambridge UK dal 22 al 27
luglio 1946. La tecnica delle emulsioni fu sviluppata a Bristol, dove Cecil
Powell (1903 - 1969) organizzava un gruppo di sperimentali, a partire dal 1945.
Lavorava con lui Beppo Occhialini, reduce dal Brasile, che portò al laboratorio
un grande contributo scientifico.
Nota:
La composizione delle emulsioni era il risultato di una sua fruttuosa
collaborazione con la Ilford e la Kodak.
Nel 1934 H. Yukawa (1907 - 1981) aveva proposto che al
campo delle forze nucleari fosse associata una particella di massa intorno a
100 MeV. Si identificò questa particella dapprima nei prodotti della radiazione
cosmica. Ma alcune esperienze, tra cui fondamentali quelle svolte da Marcello
Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni tra il 1943 e il 1946, provarono che
la componente penetrante dei raggi cosmici (il muone) non può essere la
particella cercata perché interagisce poco con i nuclei. Nei primi mesi del
1947 Cesare Lattes (un allievo di Wataghin a S. Paulo), H. Muirhead, Occhialini
e Cecil Powell osservarono nelle emulsioni un mesone (oggi chiamato pione) che
decadeva in una particella di massa di poco inferiore (l'attuale muone) confermando
la teoria del doppio mesone, come si diceva allora: il pione è la particella di
Yukawa che interagisce fortemente con la materia nucleare, mentre il muone
interagisce soltanto elettromagneticamente e costituisce la componente
penetrante dei raggi cosmici.
Erano risultati di grandissima importanza che mostrarono
la validità della nuova tecnica. Nel 1950 Powell ebbe il premio Nobel per
questi risultati; Occhialini se n'era andato nel '48 alla Université Libre de
Bruxelles e nel 1950 accettò una cattedra a Genova e passò a Milano nel 1952.
Nota:
Occhialini fu essenziale per le ricerche, svolte in tempi diversi, per cui sia
P.M.S. Blackett che Powell ebbero il premio Nobel. Fu certo ingiusto che il riconoscimento
non andasse anche ad Occhialini (probabilmente per via dei tempi, della guerra
recente, della sua modestia e del suo comportamento nobilmente noncurante).
Su suggerimento di Deaglio e Wataghin, Lovera e Garelli
cominciarono ad informarsi delle tecniche di emulsioni per rivelare particelle
ionizzanti.
Una occasione importante d'incontro per i fisici torinesi
fu il Congresso internazionale di Fisica organizzato a Como dall'11 al 16
settembre 1949. Lí vi fu un primo grande incontro dei giovani fisici italiani
provenienti dalle diverse sedi. Vi era davvero l'ansia di conoscersi e di
confrontare le attività. Fu un'occasione per orientarsi e capire come muoversi.
In quell'estate del 1949 Wataghin era tornato in Brasile e del lavoro a Plateau
Rosa riferirono Deaglio e Cini. Era presente P.M.S. Blackett (direttore del
laboratorio di Manchester) che usava le camere a nebbia (e aveva avuto nel 1948
il premio Nobel per le scoperte fatte con camere controllate da contatori,
tecnica sviluppata negli anni '30 con Occhialini). Era presente anche Powell
che si apprestava ad organizzare una collaborazione per mandare nell'alta
atmosfera palloni con le emulsioni. Questi lanci potevano risparmiare ai fisici
tante settimane di fatica nei laboratori ad alta quota: si poteva infatti
inviare un pacco di lastre in pallone ad altissima quota, poi recuperarle ed
esaminarle comodamente con un microscopio per trovare tracce di particelle ed
eventi interessanti.
Il gruppo di Manchester (G.D. Rochester e C.C. Butler)
nel 1947 trovò in camere a bolle eventi "a V" in vicinanza di una
interazione nucleare, interpretati come decadimenti di un nuovo mesone neutro
in due pioni. Altri gruppi trovarono decadimenti di un mesone pesante carico in
3 pioni (eventi tau). Il gruppo di Bristol cominciò a lanciare palloni ad alta
quota nel 1950 per studiare questi ed altri problemi. Si accertò che in alcune
interazioni vengono create rapidamente coppie di particelle il cui decadimento
è lento. Questi risultati fecero lavorare molto gli sperimentali e piú avanti
anche i teorici, che proposero varie spiegazioni, tra cui quella poi suffragata
dai dati: l'introduzione di un numero quantico conservato nelle interazioni
forti ma non in quelle deboli: la "stranezza", oggi spiegata con l'esistenza
del quark "strano".
Nel 1951 si giunse alla conclusione che esperimenti con
raggi cosmici a latitudini piú basse erano piú vantaggiosi perché i raggi
captati erano piú energetici. cosí una prima spedizione internazionale in cui
erano interessate 13 università europee (tra cui Milano, Padova e Roma)
organizzò nel 1952 i lanci dei palloni da Napoli e da Cagliari. Fu la prima
collaborazione europea formata sotto l'egida del CERN, organismo di
cooperazione appena formato.
A Torino si cominciò nell'autunno 1952 a misurare tracce
su lastre esposte nell'estate. Il gruppo che si formò vide, oltre a Lovera e a
Bertolino, Garelli, Anna Debenedetti e Maria Vigone cui si aggiunse nel 1953
Lucia Tallone. La collaborazione con Occhialini e con Connie Dilworth a Milano
aiutò ad apprendere il mestiere. L'esame era lungo, ogni lastra veniva
assoggettata ad un primo esame; le tracce interessanti, segnate, venivano poi
misurate con microscopi piú potenti. Fu per il gruppo una grande emozione
trovare tra le tracce uno dei primi tau. Vi fu collaborazione attiva con il
gruppo di Padova formato da Rostagni (Michelangelo Merlin, Milla Baldo Ceolin e
Marcello Cresti) e di Genova (Giovannina Tomasini).
La partecipazione dei Torinesi alle imprese
internazionali fece un salto di importanza quando presero parte diretta alla
presa dati nella campagna successiva del 1953, una impresa di dimensioni ancora
maggiori con 18 università europee e una australiana.
Nota:
Berna, Bristol, U.L. Bruxelles, Catania, Copenhagen, Dublino, Genova, Göttingen,
Imp. College Londra, Lund, Milano, Oslo, Padova, Ecole Polyt. Parigi, Roma,
Sydney, Torino, Trondheim, Uppsala.
I palloni vennero costruiti a Bristol e Padova, la
navicella e l'apparecchiatura radio a Milano e Roma. L'organizzazione era
diretta da Powell. Nel luglio-agosto 1953 25 palloni venivano lanciati
dall'aeroporto di Cagliari. La quantità globale di emulsione aveva un volume di
9.27 litri e un peso di 37 chili. La vita media di un pallone era di parecchie
ore - mezza giornata. Un idrovolante dell'Aeronautica Militare cercava di
avvistare il pallone caduto e la corvetta Pomona della Marina Militare doveva
ripescarlo. L'insieme dei lanci impegnava una ventina tra fisici e tecnici, col
supporto tecnico dei militari italiani. Carlo Franzinetti (1923-1980)
Nota:
Franzinetti, del gruppo di Roma, aveva lavorato a Bristol per alcuni anni ed
era eccezionalmente esperto sia nella tecnica delle emulsioni che nella fisica
delle particelle.
dirigeva la spedizione, Maria Vigone era addetta alle
comunicazioni e, installata all'Aeroporto, dava le istruzioni alla corvetta e
all'idrovolante. Si usò una nuova tecnica: gli strati di emulsione erano
contigui, senza lastre di vetro che le separassero. Venivano poi sviluppate a
Bristol, Padova e Roma e redistribuite ai gruppi per il loro esame. Nell'aprile
1954 si tenne a Padova una Conferenza internazionale per discutere i risultati
e organizzare nuove imprese.
La ricerca del gruppo torinese riguardava sia i primari
(energia, distribuzione di carica, interazioni, formazione di sciami estesi)
che le particelle prodotte. In questo modo si studiarono le proprietà dei
pioni, degli eventi tau e theta e degli iperoni.
Nota:
Lo studio dei modi tau e theta, di massa uguale ma parità opposta, condusse
alla proposta della non conservazione della parità nelle interazioni deboli
seguita dalla scoperta dell'effetto (1956-57).
Una terza spedizione lanciò un pallone da Novi Ligure
nell'ottobre 1954. Portava su un'unica massa di emulsione del peso di 63 chili,
il G-stack. L'atterraggio terra fu fortunoso: il bidone con l'emulsione, non
abbastanza frenato, distrusse un albero.
La spedizione del 1955 fu organizzata da Bristol, Padova
e Torino che si assunse il ruolo di organizzarla. Tra settembre e ottobre
furono lanciati 11 palloni da Mirandola, Cremona e Casale Monferrato. Vigone
diresse la campagna di operazioni, aiutata da Tricomi e Micheletta. Gian Carlo
Bonazzola tracciava la traiettoria del pallone da Linate con i mezzi forniti
dall'Aeronautica militare.
Al nucleo originale formato da Garelli, Anna Debenedetti,
Maria Vigone e Lucia Tallone.
Nota:
Nel 1957 Tallone andò a Berkeley e poi si stabilì a Milano. Anna Debenedetti si
stabilì nel 1959 in Inghilterra. Si aggiunsero Rosanna Cester nel 1956, Ilde
Quassiati e Valdo Bisi nel 1957.
Un'altra iniziativa della terna dirigente fu la
decisione, nel 1951-52, di dotarsi una macchina acceleratrice. Riunendo le
forze con Medicina (prof. Bellion) si pensò ad una macchina che soddisfacesse sia
la ricerca terapeutica dei medici che la ricerca sulla fisica nucleare in
Istituto. C'era l'appoggio totale del prof. Gustavo Colonnetti (1886 - 1968)
(detto affettuosamente il Barbone per la folta e lunga barba che lo
caratterizzava), professore al Politecnico, presidente del CNR e persona
influentissima sul Governo .
La macchina scelta fu un sincrotrone per elettroni.
L'energia massima fu fissata in 100 MeV (un po' troppo alta per la terapia).
Per la realizzazione del progetto si formò un consorzio cui partecipavano con
fondi eguali l'Università, il CNR e la FIAT, per la quale la sezione
Costruzioni e Impianti si prese l'incarico dell'ingegneria civile. Il
laboratorio si estendeva sotto il 70% del giardino dalla parte di Corso
D'Azeglio e la realizzazione del progetto civile era un'impresa notevole; i
muri e le solette avevano uno spessore assai insolito di calcestruzzo, le porte
di ingresso alla sala avevano uno schermaggio notevole. Il lavoro di ingegneria
civile fu svolto nel 1953.
La progettazione e la costruzione del Sincrotrone fu
affidata alla Brown Boveri di Baden (Svizzera) che aveva come progettista Rolf
Wideröe (1902-1997), l'ideatore del betatrone (e maestro di Bruno Touschek) e
come realizzatore l'ing. H. Nabholz. Ma già al livello dell'ingegneria civile
si capì che l'idea di costruire un laboratorio che realizzasse i due scopi era
impraticabile. L'accesso delle ambulanze, i servizi per malati non potevano
trovare posto negli ambienti costruiti nel sotterraneo. Si decise pertanto di
comprare subito un betatrone da 31 Mev per la terapia, da installare alle
Molinette. Queste macchine, di relativa routine, venivano costruite in un certo
numero di esemplari dalla Brown Boveri. cosí un betatrone fu installato alle
Molinette nel 1954.
A portare avanti il progetto furono scelti Filippo
Ferrero e Carlo Tribuno, fisici, e Luigi Gonella (ingegnere della macchina) e i
tecnici Micheletta, Pereno e Benedetto. Cominciarono a lavorare al progetto ai
primi del '53. Mancava un direttore del gruppetto; cosí fu chiamato Renato
Ricamo (1914 - 1994) che stava all'ETH di Zurigo.
Ricamo lavorava bene, era esperto di misure nucleari,
insegnò radioattività e fisica nucleare sotto l'insegna della Fisica Terrestre;
però aveva un piglio militaresco e un modo di mettere in dubbio la validità dei
lavori svolti che talvolta mandavano in bestia egualmente Gonella e compagni,
gli ingegneri della FIAT e alla fine anche Verde che seguiva le vicende della
macchina; per fortuna sua (e sollievo di tutti) fu "ternato" ad un
concorso nel 1954 e prese la cattedra a Catania. Da buon fisico fece poi delle
belle esperienze al Betatrone delle Molinette con i giovani catanesi.
A dare un indirizzo alla fisica della macchina fu allora
chiamato Malvano dal Politecnico (1955). Si aggiunse al gruppo anche Bonazzola
che organizzò il laboratorio di elettronica dell'INFN. Ma la realizzazione del
sincrotrone (che era un prototipo) tardava. Gonella passò un lungo periodo a
Baden a lavorare sul progetto con Wideröe.
Nota:
Il progetto finale e il laboratorio sono descritti in: L. Gonella, H. Nabholz e
R. Wideröe, "The Turin Synchrotron", Nucl. Instr. and Methods 27
(1964) pp. 141 - 155.}
Per accontentare i fisici la Brown Boveri mandò un
Betatrone da 31 MeV nel marzo '56, uguale a quello delle Molinette; Gonella e
Micheletta fecero la spola con Baden e si dovette riconvertire tutta la
circuiteria nel frattempo disposta. Ricordo l'arrivo del Betatrone: le casse
giunsero dalla Ferrovia su un carro a 4 ruote trainato da un cavallo. Malvano,
colpito dal contrasto umoristico, scattò qualche foto. Ma nel giro di un mese
il betatrone funzionò . cosí il gruppo fu indaffarato a fare della fisica. Nel
1958 vi si aggiunse Sergio Costa appena laureato. Purtroppo sia nel Betatrone
che nel Sincrotrone gli elettroni non potevano essere estratti; si estraevano
solo i gamma prodotti per Bremsstrahlung degli elettroni su di un bersaglio
interno alla ciambella, e questo limitò il programma fisico. Ma dal Betatrone
uscì una buona fisica: lo studio della risonanza gigante nucleare, per la quale
l'energia era proprio adatta.
Nel 1955-56 passò un anno sabbatico a Torino A.O. Hanson
(della Illinois University), esperto in fisica nucleare sperimentale. La sua
presenza fu di grande aiuto al gruppetto.
Nota:
Hanson e famiglia tornarono a New York con l'Andrea Doria che affondò al largo
di Nantucket il 26 luglio 1956; si salvarono tutti ma persero i bagagli tra cui
le note di lavoro.
Il sincrotrone giunse molto piú tardi, nel luglio 1959,
quando il laboratorio aveva già fatto molti esperimenti interessanti sulla
risonanza gigante. Non giunse su un carretto a cavalli ma su un vagone
ferroviario. Il sincrotrone permise di sperimentare ad energie di fotoni fino a
100 MeV. Un'altra funzione importante assolta dal laboratorio fu di avviare
molti giovani al lavoro con un acceleratore, dalla dosimetria alla circuiteria
e all'elettronica. Fu una scuola di fisica moderna.
L'attività di spettroscopia a microonde presso il Centro
Studi di Elettrofisica in cui si erano impegnati Deaglio, Garelli e Malvano
dette origine a ricerche di Piero Brovetto e Sergio Ferroni dal 1951 sulla
risonanza di spin elettronico in cristalli paramagnetici. Nel 1952 si unì a queste
ricerche Giuliana Cini. L'attività fu piuttosto varia ed interessante: il
gruppetto fece misure su diversi materiali. Brovetto e Ferroni interpretarono
per la prima volta lo spettro ESR di un radicale organico (trifenilmetile) nel
frattempo misurato in USA da ricercatori che disponevano di apparati migliori.
Giuliana Cini andò in Inghilterra per un anno per imparare le tecniche
sperimentali di laboratori piú attrezzati. Ci si arrangiava insomma in modo da
fare un lavoro di ricerca significativo. Quando mancavano i mezzi sperimentali
si faceva lavoro teorico. In particolare il gruppo si dedicò
all'interpretazione dell'effetto Overhauser (polarizzazione nucleare iperfina)
e alla teoria dell'urto di elettroni su nuclei polarizzati. Su questi argomenti
era ancora possibile lavorare sia in teoria che sperimentalmente.
Nel 1957, alle prime avvisaglie di non conservazione
della parità, Brovetto, Ferroni e Massimo Bernardini, aiutati da Sergio
Debenedetti, impiantarono all'Istituto Superiore di Sanità di Roma (reparto di
Mario Ageno) un esperimento per misurare la polarizzazione circolare della
bremsstrahlung prodotta dagli elettroni del Tl 204, cui partecipava Ugo Amaldi,
allora ricercatore alla Sanità. Gli studi sulla parità vennero proseguiti a
Torino, con l'aiuto di Gian Bonazzola, sempre sul Tl 204 ma utilizzando il
doppio scattering di elettroni su foglioline d'oro (a questa seconda fase
partecipò il giovane Aldo Pasquarelli). In entrambi gli esperimenti vennero
osservati con chiarezza gli effetti di polarizzazione dovuti alla non
conservazione della parità.
Sergio Debenedetti, professore a Pittsburgh,
Pennsylvania, passò un anno sabbatico a Torino nel 1955-56 (evidentemente
lavorare per un anno a Torino era allettante) e come si è detto organizzò
l'esperimento sulla violazione della parità. Organizzò anche con Colombino un
altro esperimento sull'annichilazione del positronio. La presa dati durò
parecchi anni e vi presero parte Laura Trossi, Italo Degregori e Benedetto
Fiscella. piú tardi Sergio Debenedetti fu interessato ad una cattedra al
Politecnico ma purtroppo gli fu preferito Lovera che si trovava a Modena.
Alla fine del decennio partì un'altra iniziativa. Il
gruppetto aveva bisogno di un generatore da 50 KV per eseguire misure di parità
piú accurate determinando la polarizzazione degli elettroni in funzione della
velocità. Wataghin riuscì ad ottenere fondi tramite Perucca dal CNR e acquistò
un poderoso generatore SAMES da 300 kV, inutile però per quegli esperimenti.
Con un tale strumento si cercò di fare altro, e Brovetto e Bonazzola, su
consiglio di Facchini
Nota:
Ugo Facchini proveniva da Milano e fu professore a Torino per un solo anno.
e con la collaborazione del laureando Emilio Chiavassa
montarono un generatore di neutroni da 14.2 MeV e realizzarono in casa
artigianalmente la sorgente di ioni di deuterio e il sistema di rivelazione a
tempo di volo. La fisica relativa vide impegnati i giovani Emilio Chiavassa e
Tullio Bressani per i primi anni '60.
Nella prima parte della carriera Wataghin non ebbe a
disposizione laboratori e lavorò essenzialmente in fisica teorica. In Brasile
gli fu possibile occuparsi anche di fisica sperimentale, con campagne di
raccolta dati sui raggi cosmici in luoghi impervii. Il periodo brasiliano vide
la fioritura di ambedue le attività.
Due lavori teorici di Wataghin, pubbblicati sul Physical
Review nel 1948, furono molto importanti anche per l'attività a Torino. Nel
primo Wataghin propose un modello teorico per la produzione multipla dei
mesoni, poi suffragato dai dati sperimentali. Il secondo lavoro riguarda la
formazione degli elementi chimici all'interno delle stelle, interessante
suggerimento (il lavoro è molto breve). Nel 1993, in un discorso a proposito di
tutt'altro, Freeman Dyson si esprime cosí a proposito di questo lavoro (Freeman
Dyson, "George Green and Physics", Physics World, London August 1993
pp. 33-38.):
"Nel volume 73 del Physical Review furono pubblicati
molti lavori interessanti. [...] Il lavoro di Alpher, Bethe e Gamow proponeva
che gli elementi chimici si fossero formati per cattura successiva di neutroni
e di protoni durante l'espansione iniziale dell'universo a partire da un inizio
caldo e denso. [...] Il lavoro di Wataghin, che proponeva che gli elementi si
fossero formati nelle stelle di neutroni, [...] ricevette un'attenzione molto
minore. Wataghin lavorava allora in Brasile e non era cosí noto [negli Stati
Uniti]. Ci vollero purtroppo molti annni per radunare i dati che provarono che
, almeno per la grande maggioranza degli elementi, Alpher - Bethe - Gamow
avevano torto e Wataghin aveva ragione."
Negli anni torinesi Wataghin riprese il soggetto in
alcuni lavori in collaborazione con Giovanni Bussetti. Ma l'idea su cui si
concentrò lo sforzo teorico di Wataghin negli anni del rientro fu la
formulazione di una teoria di campo "non locale" tale da eliminare
gli infiniti dello sviluppo perturbativo quantistico, per esempio
dell'elettrodinamica. Cercò anche conferma di violazioni della formulazione
abituale dell'elettrodinamica nell'analisi di sciami contenenti elettroni e
fotoni di energia intorno a 100-1000 GeV.
Tuttavia la formulazione di una teoria non locale si
scontrava con i principi della relatività o dava luogo a troppe arbitrarietà
irrisolubili. Vi fu una visita contemporanea di P.A.M. Dirac e di W. Pauli,
ambedue invitati da Wataghin nell'istituto rimesso a nuovo come non mai e
odorante di cera da pavimenti. I due si scontrarono proprio su queste
questioni: Dirac era un sostenitore (poco loquace) dello stato attuale della
teoria, Pauli cercava soluzioni alternative (ma non accettava la teoria non
locale) mentre Wataghin era interessato alla sua teoria non locale. La
situazione era umoristica: Dirac era testardo (meglio dire che non comunicava) e
silenzioso, Pauli era violentemente polemico
Nota:
Valentin Telegdi diceva che Pauli era un grande democratico perché prendeva a
pesci in faccia tutti, grandi e novellini, mai nessuno escluso. Sergio Fubini
aggiunge che Pauli se lo poteva permettere ma che oggi di Pauli non ce ne sono
piú.
e Wataghin cercava di spiegare la sua ricetta non locale.
Tra i visitatori alcuni importanti personaggi erano stati
invitati da Wataghin perché interessati a formulare di una teoria non locale:
tra questi Louis De Broglie, Dmitrii D. Ivanenko, ben noto professore di Fisica
teorica all'Università di Mosca, e Hideki Yukawa, premio Nobel giapponese nel
1957. Alcuni ricercatori collaborarono con Wataghin in questo sforzo nella
seconda metà degli anni '50: ricordiamo Pritam Sen (Dehra Dun), Hideji Kita
(dell'istituto di Yukawa a Kyoto) ed Ettore Minardi (borsa INFN).
In definitiva Wataghin si presentava sulla scena torinese
attivo anche nella fisica teorica -- non quella cosa, specializzatissima, cui
siamo abituati oggi, ma la attività di riflessione e iniziativa sui principii
di guida. In verità già allora la fisica teorica era diventata un soggetto per
professionisti, e Wataghin con i suoi metodi intuitivi perdeva terreno rispetto
ai giovani campisti.
Di Verde abbiamo detto. In quegli anni si dedicò a
sviluppare questioni di struttura nucleare (l'importanza dell'accoppiamento
spin - orbita). Aprì anche nuovi canali di ricerca sul problema dell'inversione
dai dati sperimentali alla forma del potenziale, sulle proprietà analitiche
dell'ampiezza di diffusione in teoria quantistica e sulle relazioni di
dispersione (RD), soggetti di grande modernità e interesse. Verde passò l'anno
1954-55 all'IAS a Princeton e il 1959-60 a Basilea.
Nota:
Il problema inverso aveva grande importanza anche per altre discipline, per
esempio nel ricostruire l'emissione della sorgente captando un segnale
subacqueo. Per le RD si veda piú avanti.
Augusto Gamba era, come si è detto, al Politecnico con
Demichelis, Radicati, (anch'egli fisico teorico), Renato Malvano e Sergio
Fubini. La situazione al Poli non era allegra. Già allora gli impegni di
routine (di assistenza all'insegnamento o di servizio in biblioteca) erano
pesanti, lunghi e insoddisfacenti. Bisognava obbedire senza discutere; il
direttore Perucca, nel suo sicuro orgoglio, teneva ben a distanza i giovani
assistenti. L'ambiente deprimeva la ricerca moderna. Ciò nonostante Gamba fece
alcuni bellissimi lavori applicando la teoria dei gruppi alla fisica nucleare,
prima da solo e poi con Radicati e Malvano (che era uno sperimentale, ma allora
i confini tra le discipline erano valicabili). L'attrazione dell'Istituto di
via Giuria era immensa: verso il 1950 un luogo in cui i Professori si
interessavano a promuovere la ricerca, trattavano correttamente, erano disposti
a discutere e accettare le critiche e davano del tu, un luogo in cui per far
carriera contava la ricerca, sembrava il Paradiso.
Ma a Fisica i posti di assistente erano scarsi:
all'Istituto c'erano nel 1950 quattro posti occupati (Bertolino, Colombino,
Garelli, Lovera). Marcello Cini ebbe un incarico di fisichetta nell'autunno
1949 e il posto di assistente di ruolo alla fine del 1951. Verde teneva molto a
Gamba e lo aiutò a spostarsi dal Poli dall'autunno 1951, superando
l'opposizione di Perucca. All'Istituto Gamba lavorò ad argomenti importanti in
fisica nucleare, teoria dei gruppi applicata a nuclei e particelle, meccanica
statistica, logica e teoria dell'informazione. Nel 1953-54 fu al gruppo teorico
del CERN a Copenhagen. Nel settembre del 1956, in occasione dell Congresso
della SIF e internazionale, si fondò la Associazione Sindacale Ricercatori di
Fisica e Gamba ne fu eletto presidente. Nel marzo 1957 accettò un'offerta
vantaggiosa di ricerca alla Philco a Filadelfia e lasciò l'Istituto dando le
dimissioni da assistente.
Nell'autunno 1951 Radicati aveva lasciato il Politecnico
con una borsa per Birmingham, presso il gruppo di Rudolf Peierls.
Nota:
Radicati tornò in Italia nel marzo del 1954, avendo vinto nell'autunno
precedente il concorso di Fisica teorica. I vincitori furono Radicati, Salvetti
e Paolo Budinich. Ricoprì la cattedra di fisica teorica a Napoli; passò poi a
Pisa nel dicembre 1955 e alla Scuola Normale nel febbraio 1962.
Cini andò a Cambridge per un lungo periodo tra il 1951 e
il 1952. Fubini preferì rinunciare al posto di assistente al Poli quando gli fu
offerto un incarico di fisichetta all'Istituto (autunno 1952).
Nota:
Ogni incarico era affidato annualmente e non costituiva alcun impegno per la
facoltà. Il posto di assistente di ruolo era un po' meglio: doveva conseguire
la Libera Docenza entro 10 anni per essere stabile; in caso contrario alla
persona sarebbe stata assegnata una cattedra in un Liceo. Esso rendeva, nel
1950, circa 20 - 25 chilolire al mese. Che almeno il lavoro si svolgesse in un
ambiente piacevole e impegnativo! L'unico posto sicuro era quello di
professore.
I due campi di interesse principali in quel periodo erano
la fisica nucleare, di cui si occupavano Verde e Gamba, e la teoria delle particelle.
Cini e Fubini si dedicarono principalmente a quest'ultima nei suoi due aspetti,
la teoria dei campi e la fenomenologia dell'interazione pione - nucleone.
I primi anni '50 videro la sistemazione
dell'elettrodinamica quantistica, principalmente per i contributi di Julian
Schwinger, Richard Feynman, Sin-itiro Tomonaga, Freeman Dyson, Gian Carlo Wick.
Vi contribuirono in modo pionieristico, all'inizio del 1950, Cini e Radicati,
lavorando insieme a chiarire la relazione tra il metodo di Feynman e l'approccio
di Schwinger, primi lavori italiani, e lavori importanti, sulla nuova
elettrodinamica.
La teoria di campo delle interazioni forti era invece in
alto mare. Appariva impossibile sviluppare una teoria di campo dell'interazione
forte perché la costante d'accoppiamento pione - nucleone, della teoria gamma5
su cui erano riposte le speranze, era grande e lo sviluppo perturbativo perdeva
senso. cosí l'interesse verso la teoria dei campi applicata a rappresentare le
interazioni pione - nucleone diminuì.
Al ritorno da Cambridge, Cini insieme a Fubini si dedicò
alla fisica delle interazioni pione - nucleone e ai metodi per studiarla. Fu,
da parte di Cini e di Fubini, un fiorire di lavori di notevole interesse ed
originalità su questi temi, in comune o separatamente. Riguardavano metodi di
approssimazione (Tamm - Dancoff, intermediate coupling), metodi variazionali,
potenziali tra nucleoni, sviluppo del modello statico nella fisica del pione -
nucleone. Erano lavori importanti nel filone centrale delle ricerche
internazionali. Un lavoro di Cini ebbe un particolare successo: riguardava la
formulazione covariante dell'equazione del moto in teoria quantistica dei
campi. Tutti questi lavori erano ben conosciuti e apprezzati sia in Italia che
all'estero. La loro collaborazione era famosa e la loro scuola in espansione.
Cini vinse la cattedra
Nota:
Gli altri vincitori furono Eduardo Caianiello e Fausto Fumi.
e andò a Catania nel febbraio 1956, da dove passò a Roma
nell'autunno 1957. Fubini passò lunghi periodi in USA a Stanford e poi
dall'autunno 1956 fu a Chicago. Fubini, Y. Nambu e Vladimir Wataghin a Chicago
studiarono l'elettroproduzione di pioni con un lavoro allora classico . L'anno
dopo Fubini passò al CERN e nell'autunno del 1959 ebbe la cattedra a Padova (gli
altri vincitori del concorso furono R. Gatto e B. Zumino).
Nella seconda metà degli anni '50 si sviluppò la tecnica
delle relazioni di dispersione (RD) per rappresentare l'urto tra particelle.
Alla base della loro validità stavano certe proprietà di analiticità delle
ampiezze d'urto quantistico, alcune provate, altre congetturate. è interessante
osservare che Cini aveva ricavato le RD, senza saperne niente, quando ancora
lavorava nell'industria
Nota:
Cini aveva lavorato da ingegnere alla RIV dalla fine del 1946 alla fine del
1949, quando ebbe un incarico di fisichetta. Era laureato in ingegneria dal
marzo 1946 e si laureò in fisica nel novembre 1947.
(i lavori sulle RD, della seconda metà degli anni '20,
erano due o tre ed erano quasi del tutto ignoti). Occupandosi di mezzi elastici
Cini aveva dimostrato che dalla condizione di causalità (nessuna risposta esce
da un sistema prima che arrivi un segnale in entrata) seguivano certe relazioni
tra parte reale e immaginaria della funzione di risposta lineare (in funzione
della frequenza), un lavoro da pioniere pubblicato sul Journal of Applied
Physics nel 1950. Questo metodo si diffuse rapidamente alla metà degli anni
'50. Cini e Fubini lo usarono subito per formulare la fisica pione - nucleone
fino alla risonanza 33 (Delta). Fu molto importante il procedimento di
estrapolazione che fornì il valore della costante di accoppiamento pione -
nucleone. Nel prossimo capitolo vedremo gli sviluppi delle RD per lo studio
delle interazioni forti.
Tullio Regge si laureò nel 1952 su questioni di fisica
nucleare con Verde di cui divenne assistente. Nel 1954 andò a prendere il PhD
presso Marshak a Rochester, N.Y. Lí lavorò a rappresentazioni di particelle di
spin elevato e sviluppò un lavoro di relatività generale sulla stabilità della
metrica di Schwarzschild che fu molto apprezzato da John Wheeler (i due
divennero amici). Le sue capacità di intuizione matematica e geometrica erano
eccezionali. Al ritorno (1956) sviluppò molti argomenti con grande successo.
Trovò un largo insieme di operazioni di simmetria dei coefficienti di Clebsch e
di Racah. Si dedicò alle proprietà di analiticità delle ampiezze nel quadro
della teoria dell'urto in meccanica quantistica; in questo ambito sviluppò una
trattazione di grandissima originalità e importanza, estendendo il momento
angolare al campo complesso per una classe molto ampia di potenziali centrali.
L'applicazione della teoria del momento angolare complesso alla fisica delle
particelle ebbe un immenso successo, come vedremo piú avanti.
Bernardino Bosco e V. Wataghin si laurearono l'anno dopo.
Ebbero una borsa e un posto di assistente straordinario, V. Wataghin ando` poi
a Chicago. Vittorio de Alfaro, laureato nel 1955, per quasi 2 anni ebbe una
borsa dell'ENI (uno scialo: 60 chilolire al mese) all'Istituto di Fisica
tecnica del Politecnico per realizzare un apparato con cui studiare il
passaggio di idrocarburi e altri fluidi (acqua, aria) in rocce. Passò
all'Istituto nel 1957 con una borsa di 25 chilolire al mese; ma era l'ambiente desiderato.
Bosco e de Alfaro nel 1958 usarono le RD per ottenere una prima valutazione
delle proprietà elettromagnetiche del protone e del neutrone (mancava purtroppo
la conoscenza della risonanza pione - pione, ro, che domina il fattore di forma
isovettore). Dalle RD ottennero anche la stima della estensione delle
distribuzioni di carica e di momento magnetico dei nucleoni. Questi lavori
erano di particolare interesse perché proprio in quel periodo Robert Hofstadter
stava misurando questi parametri con l'acceleratore lineare di Stanford. Essi
toccavano il problema dell'estensione spaziale di un sistema quantistico e
indussero de Alfaro e Rossetti ad occuparsi di soglie anomale (vedere il
capitolo successivo).
Alla fine del 1958 si erano laureati Enrico Predazzi e
Cesare Rossetti; la situazione era cambiata: l'era dell'arrangiarsi era finita,
in quell'anno tutti ebbero una borsa INFN e quindi un posto di ricercatore.
Alessandro Bottino, Alfredo Molinari e Giuseppe Barucchi si aggiunsero tra il
1959 e il 1960. Nel 1961 la riforma dell'insegnamento della fisica avrebbe poi
aperto parecchi incarichi di insegnamento.
Nel giro di pochissimi anni l'Istituto si animò anche con
le visite di colleghi, italiani e stranieri, quasi tutti famosi (o lo sarebbero
diventati).
Dirac venne piú volte. Alla fine dell'inverno 1949,
invitato da Wataghin, la sua prima visita fece grande impressione. Molti
ricordano il suo seminario nell'Aula magna: nessuno ne capì niente. Si trattava
della teoria canonica dei sistemi vincolati (tra cui l'elettrodinamica), un
soggetto la cui importanza fondamentale per l'elettrodinamica e le teorie di
gauge fu compresa molti anni piú tardi. Wataghin lo condusse a visitare il
laboratorio di Plateau Rosa insieme a Cini e Radicati; si interessò
cortesemente alla fisica dei raggi cosmici e molto a quella dell'ambiente
alpino, ma senza emettere alcun giudizio. Fece anche lunghe passeggiate
accompagnato da giovani teorici che speravano di ottenere preziose indicazioni
sui problemi da studiare ma furono delusi dal suo mutismo. Anche Pauli e
Heisenberg visitarono Torino piú volte.
Dirac partecipò al Congresso Internazionale di Torino del
settembre 1956 insieme ad altri nomi famosi, Pauli e Heisenberg e tanti altri.
Di Yukawa abbiamo detto; la sua figura, e l'aspetto della Signora in kimono
spilloni e zoccoletti fecero impressione. Ma molti altri personaggi visitarono
Torino: Bruno Rossi, Walther Thirring (Vienna), Res Jost (ETH), Cecil Powell,
Marcus Fierz (Basilea), Leopold Infeld (Varsavia), Maurice Levy (Parigi), J.P.
Vigier (Institute Hennri Poincaré), Fritz Houtermans (Berna),
Nota: Per notizie sulla
vita di Houtermans vedere Amaldi, op. cit. pp.
592-696; I.B. Khriplovich, "The Eventful Life of
Fritz Houtermans", Physics Today, July 1992 pp.29-37.
Murray Gell-Mann, T.D. Lee, Victor Weisskopf (MIT),
Leonard Schiff (Stanford) e tanti altri: americani e francesi e inglesi e
tedeschi e cosí via. E naturalmente il nostro istituto, grazie alle conoscenze
e all'origine di Gleb Wataghin, fu il primo a stabilire collegamenti con la
fisica dell'Est europeo ai primi segni di disgelo, dopo il '55: Dmitrii D.
Ivanenko, Nicolai N. Bogolubov, Isaak M. Khalatnikov, Dmitrii I. Blokhinzev,
Artem I. Alikhanian e tanti altri.
Parecchi fisici di altri istituti parteciparono alle
attività di ricerca e seguirono le lezioni della Scuola. Oltre a Hanson e
Debenedetti, ricordiamo Elly Silva al Sincrotrone e Neusa Marghem al gruppo
camere a bolle, i primi di molti brasiliani.
Molti giovani italiani stettero a Torino per periodi di
mesi o anni. Ricordiamo Eduardo Caianiello (1921 - 1993), teorico di grande
capacità
Nota:
Caianiello ebbe la cattedra di Fisica teorica a Napoli nel 1958. Per la sua
biografia vedere "Structures, Festschrift in honour of E. Caianiello",
M. Marinaro and E. Scarpetta Eds. World Scientific, Singapore 1992.
che era stato presentato da Robert Marshak. Roberto
Stroffolini (1926-1997) da Padova passò due anni a Torino (1956-58) prima di
accettare un`offerta di Caianiello a Napoli. I teorici Luciano Bertocchi (da
Bologna) e Mario Tonin (da Padova) passarono un anno a Torino, e cosí anche
Grzegorz Bialkowski (1932 - 1990) da Varsavia,
Nota:
Bialkowski divenne poi un personaggio di primaria importanza nel rinnovamento
della cultura e della politica polacca. Accademico, noto scrittore e poeta,
rettore dell Università di Varsavia, col rinnovamento polacco era appena stato
eletto Presidente del Senato nel 1990 quando morì. Era stato mio ospite molte
volte e fu sempre molto legato a Torino.
Malcolm MacMillan da Vancouver e Günther Dosch da
Heidelberg. Ma anche i torinesi viaggiavano per l'Europa: Vladimir
Wataghin accettò un posto a Bologna; de Alfaro passò un anno a Roma, Predazzi
un periodo a Vienna. Regge fu a Monaco nel 1958-59. Negli anni '60 poi
viaggiare diventò piú frequente. Ogni teorico ha passato varii anni all'estero.
Negli anni '60 le collaborazioni teoriche e le imprese
sperimentali si allargano. Il personale degli istituti si accresce. Se alla
fine della guerra l'Istituto raggruppava 6-7 persone tra cattedre e assistenti,
all'inizio degli anni '60 si arriva a una quarantina di ricercatori, cui si
aggiungono sezioni tecniche: officina meccanica ed elettronica, ufficio di
progettazione delle apparecchiature e ogni tipo di servizi necessari ad un
laboratorio moderno. Nel '61 si sopraeleva di un piano l'istituto del 1898, pur
rispettandone le linee.
Dalla metà degli anni '50 in poi la ricerca torinese in
fisica è totalmente integrata nel quadro internazionale, sia teorico che
sperimentale. Per gli sperimentali si tratta di collaborazioni ad esperimenti
internazionali; per i teorici, di collaborazioni con persone di diverse sedi.
In tutti questi casi la fisica torinese è una componente importante della
fisica mondiale, grazie al lavoro svolto in pochi anni. Ciò è tra l'altro
testimoniato dal numero di visitatori e di studiosi, giovani all'inizio della
carriera e scienziati affermati, che passarono lunghi periodi o parecchi
periodi presso l'Istituto, divenuto uno dei centri importanti della fisica
mondiale. Per ragioni di spazio non possiamo tentare di compilarne un elenco.
Già dai primi anni '60 non si perse occasione per
rinforzare la ricerca con nuove cattedre. Se per esempio la presenza di due
cattedre di fisica teorica è un'eccezione nelle università italiane all'inizio
di quegli anni, a Torino nel '62 se ne contano già tre (Fubini tornò da Padova
nell'autunno 1961 e Regge ebbe la cattedra di Relatività un anno dopo) mentre
parecchi fisici teorici torinesi in quegli anni occuparono cattedre in altre
parti d'Italia (Bari, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Padova, Palermo,
Pisa, Roma); e lo stesso vale per i fisici sperimentali.
Nel 1961 fu chiamato da Parma Carlo Castagnoli, ben noto
scienziato, con grande esperienza della fisica delle particelle e delle
tecniche di rivelazione, che aveva trovato nel 1954 il primo evento di
annichilazione di un antiprotone nelle emulsioni esposte sui palloni.
Nota:
Il gruppo romano era composto da Amaldi, Castagnoli, Giulio Cortini,
Franzinetti, Augusta Manfredini. Poco dopo entrò in funzione a Berkeley il
Bevatrone, la cui energia era stata proprio progettata per produrre
antiprotoni. Il gruppo romano espose al fascio della macchina un pacco di
emulsioni che provarono la produzione di antiprotoni documentandone la
disintegrazione.
Nel 1966 l'Istituto di Torino si arricchì ancora
chiamando alla cattedra di Fisica delle Particelle Carlo Franzinetti, altro
scienziato di grande prestigio, molto noto negli ambienti internazionali, che
divideva il suo tempo tra Pisa, dove aveva la cattedra e il CERN, dope era
stato per parecchi anni.
Da questo punto in poi termina il periodo eroico della
costruzione della nuova fisica torinese. Seguiremo adesso brevemente le linee
dell'attività e gli sviluppi di uno dei maggiori centri europei di fisica
fondamentale.
Coloro che presero parte all'attività che descriviamo
sono professionisti della ricerca, perfettamente inseriti nel contesto
internazionale. Ciascuno o ciascuna ha partecipato alla vita di ricerca nei
modi consueti a questo livello, organizzando conferenze e convegni
internazionali, facendo parte di comitati scientifici, relatori a conferenze,
tenendo corsi a scuole avanzate, lavorando nei comitati editoriali di riviste
specializzate; molti hanno anche ricoperto incarichi a livello nazionale o
internazionale nella organizzazione della ricerca e nelle società scientifiche.
Non possiano soffermarci su queste attività in questa sede in cui privilegiamo
i fatti relativi alla ricerca. Essa infatti determina il livello scientifico
della comunità e ha effetti diretti sulla preparazione e sull'inserimento degli
studenti, quindi in definitiva sul progresso della società civile. Gli
innumerevoli studenti laureati in questi anni hanno beneficiato di questo clima
nei campi piú varii, portando poi nella società la loro esperienza di ricerca
avanzata e di vita universitaria impegnata.
Diciamo due parole su aspetti istituzionali e sulla
questione edilizia.
Negli anni '60, dopo l'arrivo di Castagnoli, si giunse ad
una differenziazione tra gli Istituti la cui identità prima non era
percepibile, e ad una inevitabile separazione tra i gruppi afferenti ad
istituzioni diverse. Wataghin resse (fino al suo ritiro nel 1970 ) l'istituto
di Fisica Generale (nuovo nome dell'istituto di Fisica sperimentale dal 1961)
cui afferiva la cattedra di Castagnoli e poi quelle di G. Cini e Piragino
(1973), Picchi e Bologna (1976) mentre Deaglio resse (fino al 1971) quello di
Fisica superiore cui afferirono le cattedre di Franzinetti (1966), Garelli (1967),
Ferrero (1975), Rinaudo (1976), Bonazzola e Costa (1976), Chiavassa e Longhetto
(1980). Afferirono naturalmente all'istituto di Fisica teorica le cattedre di
Fubini (1961), Regge (1962), de Alfaro (1969), Rossetti (1973), Predazzi
(1976), Molinari (1979), Bottino (1980). L'istituto di Fisica generale fu
diretto poi da Castagnoli fino al 1980 e di nuovo dal 1987 al 1995, mentre
Piragino lo diresse dal 1981 al 1986. Divenne Dipartimento di Fisica generale
nel 1996, direttore Piragino. Dopo Deaglio, l'istituto di Fisica superiore fu
diretto da Garelli (1971-74), F. Ferrero (1974-77), Bonazzola, (1977-83), Costa
(1983-87). Diventato Dipartimento di Fisica Sperimentale fu diretto da F.
Ferrero (1987-93) e da Rinaudo (1993-99). L'istituto di Fisica teorica fu diretto
da Verde fino al 1972, de Alfaro (1972-78), Regge (1979-82), Predazzi (1983 -
85). Divenuto Dipartimento fu ancora diretto da Predazzi (1985 - 91) e da
Rossetti (1991 - 97).
Passiamo alla sistemazione edilizia. Alla fine degli anni
60 fu chiaro che il vecchio Istituto del 1898, benché sopraelevato di un piano
nel 1961, era troppo stretto: studenti, docenti ed attività si erano
moltiplicate. La facoltà cercò varie soluzioni, ma l'unica che sembrò possibile
fu la sostituzione del vecchio Istituto con un quadrilatero di nuova
costruzione. Si decise di cominciare la costruzione con il corpo verso via
Giuria e nel 1968 fu smantellata l'ala sud-ovest e aperto lo scavo. I servizi
stampa e quasi tutti i teorici vennero sistemati malamente in 3 baracche in legno
costruite dal lato del Corso (sul centro di calcolo furono montate due aule
prefabbricate) per un anno o due, si disse, ma i lavori, cominciati nel 1969,
si fermarono l'anno dopo.
La contestazione studentesca aveva innescato una serie di
rivendicazioni sindacali nell'università che bloccarono ogni iniziativa. La
situazione generale divenne difficile da gestire. L'amministrazione centrale
dell'Università (nelle persone del Rettore Mario Allara e del Direttore
Amministrativo Ivo Mattucci), posta sotto inchiesta, era paralizzata. La
fisica, che forse piú di altre discipline era protesa verso grandi programmi,
ne soffrì molto. Tra l'altro il centro calcolo venne praticamente paralizzato
dalla contestazione dei giovani assunti con contratti a termine.
Cosí la costruzione del nuovo edificio si fermò dopo lo
scavo. Per via del peso dell'istituto del 1898 sull'orlo della voragine
(profonda una ventina di metri) si notarono cedimenti nella sua struttura
(tuttora visibili) e si dovette armare e puntellare lo scavo. Si rimase per
qualche anno in questa situazione. Il solo affitto della gru costava decine di
milioni all'anno. Le necessità degli utenti dell'Istituto erano trascurate. Poi
la nuova amministrazione (Rettore Sasso) riavviò i lavori.
I futuri utenti erano nell'impossibilità di farsi sentire
e controllare i lavori. Nel 1973 intervenne la crisi energetica, che palesò gli
errori delle soluzioni costruttive del nuovo istituto; le osservazioni dei
direttori, che rilevavano la progettazione insoddisfacente, furono ignorate
nella crisi generale dell'università e nel frattempo, con la conflittualità
della componente tecnica, i tecnici piú anziani si vollero ritirare in pensione
e si restò senza tecnici in grado di controllare le azioni dell'ufficio tecnico
e dell'impresa e senza i poteri necessari per farlo. La progettazione e la
costruzione non tennero conto dei consigli e delle mutate esigenze.
Nel 1974 i teorici furono sistemati nell'ala di Igiene
resa disponibile per la Fisica. abbandonando finalmente, dopo 5 anni di
tribolazioni, le baracche marcite.
Il corpo nuovo verso via Giuria fu disponibile nel
dicembre 1986
Nella seconda metà degli anni '50 la teoria dei campi,
come abbiamo detto, appariva incapace di descrivere le interazioni forti tra
nucleoni per mezzo del campo pionico. Inoltre a partire da quel periodo si
trovarono adroni
Nota:
Le particelle dotate di interazione forte.
semi stabili e risonanze che testimoniavano la
complessità dell'interazione forte, a differenza dell'elettrodinamica.
In assenza di uno schema di interazione valido, per
alcuni anni la teoria dei campi fu messa da parte. Le interazioni forti tra
adroni vennero trattate usando proprietà generali delle ampiezze d'urto, quali
le proprietà di unitarietà, analiticità e crossing ("teoria della matrice
S") il cui primo passo furono le RD, come abbiamo detto. Si arrivò anche a
teorizzare l'idea che i soli principii generali menzionati spiegassero, in uno
schema di autocompatibilità (bootstrap), tutto l'edificio delle particelle e
risonanze adroniche che gli esperimenti andavano rivelando.
Le RD portarono due tipi di sviluppi (per la verità le
due schiere di teorici interessati non erano sempre distinte).
Da una parte vi furono sviluppi fenomenologici; la
tecnica delle RD permetteva connessioni tra parametri fisici e favoriva la
creazione di schemi di approssimazione portando a risultati di cui diremo.
Dall'altra parte fiorì tutta una serie di studi che
tendeva a dimostrare l'esistenza di RD partendo da principi fondamentali di
causalità e da proprietà generali di analiticità delle ampiezze d'urto. Le
ricerche sulle proprietà analitiche delle ampiezze si svilupparono sia nel
quadro della meccanica quantistica non relativistica che analizzando le
proprietà di specifici diagrammi di Feynman o infine tentando di dedurle dalla
teoria relativistica dei campi. Un passo importante fu la congettura della
validità di una doppia rappresentazione spettrale (rappresentazione di Mandelstam,
RM) che tenne occupati per alcuni anni gli esploratori di proprietà di
analiticità (nella teoria quantistica dei campi la RM non fu mai provata).
Regge, con la teoria del momento angolare complesso, stabilì il comportamento
delle ampiezze per grandi valori del momento trasferito nel quadro della
meccanica quantistica non relativistica, elemento mancante per provare la RM in
quell'ambito.
Nei primi anni '60 il gruppo di Torino contribuì
potentemente alle ricerche sulle proprietà di analiticità delle ampiezze
quantistiche attaccando il problema con tutti i metodi a disposizine. Bottino,
Anna Longoni e Regge trattarono in modo completo la teoria del momento angolare
complesso e altri aspetti della teoria dell'urto in meccanica quantistica. de
Alfaro e Rossetti chiarirono la relazione tra la RM, le soglie anomale in
teoria delle perturbazioni e gli stati legati nucleari. Di proprietà di
analiticità si occuparono anche de Alfaro, Predazzi e Rossetti, studiando
inoltre modelli per rappresentare il comportamento asintotico delle ampiezze a
grande energia ed angolo fisso e generalizzazioni della RM. Bottino e Renato
Ascoli
Nota:
Ascoli era assistente di Fisica sperimentale; cominciò ad occuparsi di radiazione
Cerenkov e quindi passò a problemi formali di teoria dei campi. Ebbe la
cattedra a Palermo nel 1964.
studiarono le proprietà analitiche delle ampiezze a piú
gambe. Nel 1964 a Princeton de Alfaro e Regge svilupparono un algoritmo di
sistemi di equazioni differenziali a derivate parziali per studiare le
proprietà delle ampiezze in teoria perturbativa. Poi Giuseppe Barucchi, Giorgio
Ponzano e Regge utilizzarono a quel fine potenti metodi di topologia algebrica.
Ma i risultati ebbero solo valore indicativo perché non si trovarono proprietà
generali e lo sviluppo perturbativo limitava il valore delle conclusioni.
Passiamo all'uso fenomenologico della RM. Cini e Fubini
formularono la "approssimazione a strisce" (1959 - 60), uno schema
per trattare le interazioni dei pioni e dei nucleoni nel quadro di una
autoconsistenza della fisica delle basse energie. Dette luogo a molta attività
di ricerca (Daniele Amati, Antonio Stanghellini (1931 - 1964), Elliot Leader,
Bruno Vitale etc). Mancava però la conoscenza dei comportamenti delle ampiezze
d'urto del pione in soglia, derivati poi dall'algebra delle correnti, ed era
impossibile sapere che i fenomeni di alta e bassa energia sono connessi, come
mostrarono i lavori degli anni successivi. Senza queste nozioni lo schema era
incompleto.
Dalla approssimazione a strisce nacque il modello
multiperiferico (Fubini, Amati, Luciano Bertocchi, Antonio Stanghellini, Mario
Tonin),
Nota:
Bertocchi e Tonin furono ospiti dell'Istituto di Torino nel 1961 - 62.
di grande importanza sia nella fenomenologia che nella
teoria. Si trattava di sommare insieme tutti i diagrammi a scala in teoria
perturbativa; si ottenne anche il comportamento alla Regge del modello. Fu
sviluppato tra il 1960 e il 1962.
Vediamo ora il successo della teoria di Regge del momento
angolare complesso. Ci volle un po' di tempo perché i fisici delle particelle
ne assimilassero le implicazioni. La teoria fu oggetto di immenso interesse e
popolarità a partire dal 1961, quando i risultati furono reinterpretati da
Geoffrey F. Chew sulla base del crossing, principio considerato valido nelle
teorie relativistiche, in modo da fornire il comportamento delle ampiezze
d'urto a grande energia e momento trasferito costante, cioé in regione cinematicamente
permessa. Il risultato inoltre stabiliva, mediante le "traiettorie di
Regge", una relazione tra il comportamento ad alta energia e le masse e
momenti angolari di risonanze e particelle: prima relazione tra fisica di bassa
energia (particelle e risonanze) e alta energia (andamento asintotico delle
ampiezze).
Il nome di Regge diventò popolare anche tra i
fenomenologi e gli sperimentali ("poli, famiglie, traiettorie di
Regge"), e tuttora gli sviluppi della teoria vengono usati in parecchi
articoli sperimentali e teorici. Inoltre, conseguenze di quegli sviluppi furono
la superconvergenza, la dualità tra alte e basse energie, il modello di
Veneziano e quindi, indirettamente, i modelli duali e le stringhe.
Regge, ovviamente soddisfatto, non si curò di applicare
la sua teoria, cui del resto lavoravano schiere di teorici e sperimentali.
Sviluppò invece un'altra idea, la discretizzazione della Relatività generale,
quel "Regge Calculus" che dette origine ad un'intera branca della
Relatività generale che ancora oggi si sviluppa e tra l'altro è stato usato
come una delle vie per quantizzare la gravità. Nel novembre 1962 ebbe la
cattedra di Relatività a Torino. Fu all'Università di Princeton nel 1961-62 e
nel 1964 all'IAS. Nel 1964 de Alfaro (all'IAS 1963-64) e Regge scrissero un
libro sulla teoria dell'urto quantistico che è rimasto un classico (scritto in
inglese, fu tradotto in russo e in giapponese). Regge ebbe il premio Heinemann
della APS nel 1964.
Nota:
Torino è la città che ha dato origine a piú premi Heinemann: oltre a Regge,
Gian Carlo Wick nel 1967 e Fubini nel 1968.}.
Nel 1965 accettò il posto di professore all'IAS dove
restò fino al 1977. In questo periodo fece molte cose di grande importanza: la
teoria di potenziali singolari a piccole distanze (con Predazzi), la
formulazione delle teorie con vincoli (il soggetto del lontano seminario di
Dirac nel 1949) con risultati chiarificatori in Relatività generale (con
Claudio Teitelboim), vortici nell'elio liquido, soluzione del modello di Ising
sul gruppo modulare e sul gruppo finito icosaedrico (con Mario Rasetti),
definendo le funzioni armoniche del gruppo (formalismo usato per sviluppare la
trattazione matematica della molecola di fullerene). Analizzò con Giorgio
Ponzano il comportamento asintotico dei coefficienti di Racah usando il metodo
per quantizzare una geometria. Con Molinari trattò lo spettro di eccitazione di
He4 liquido in analogia agli spettri rotazionali dei nuclei deformati. Regge
ebbe nel 1979 il premio Einstein della Lewis - Strauss Foundation.
Nota:
Dal 1989 al 1994 Regge fu membro del Parlamento europeo. Nel 1995 passò al
Politecnico di Torino. Nel 1996 gli fu assegnata la Dirac Medal dell'ICTP.
Nei primi anni '60 si sviluppò a Torino anche la fisica
nucleare teorica. Cominciò , in stretta collaborazione con le attività del
laboratorio del sincrotrone, con lo studio del decadimento delle risonanze
giganti e con il problema di ottenere le sezioni d'urto fotoniche a energia
fissata (Molinari 1959) dai dati sperimentali. Fu l'inizio dell'attività degli
studi nucleari che ha costituito da allora una componente importante della
ricerca del gruppo teorico.
In connessione con l'idea di realizzare un nuovo
sincrotrone che fornisse un fascio esterno di elettroni, Bottino, Guido
Ciocchetti e Molinari studiarono la diffusione elettrone - nucleo ampliando
l'analisi corrente degli esperimenti fatti a Stanford dal gruppo di R.
Hofstadter (premio Nobel nel 1961). I componenti del gruppo poi si separarono
perché passarono parecchi anni in diverse istituzioni all'estero. Bottino fu
nel 1963-65 presso l'Ecole Normale Superieure e nel 1967-68 alla Johns Hopkins
University occupandosi di proprietà dei nuclei: urti di elettroni, sistematica,
energie di legame, effetti coulombiani nel decadimento beta, metodi di Hartree
- Fock. Ciocchetti passò due anni a Orsay, 1965-67.
Molinari, a Copenhagen e Cornell (importanti centri per
gli studi nucleari) tra il 1965 e il 1970, collaborò a studiare temi generali
di fisica nucleare e metodi comuni a stati condensati e materia nucleare
sviluppando il metodo di fase casuale e l'equazione di stato della materia
nucleare (con Hans Bethe, premio Nobel nel 1967). Continuo` con ricerche di
primo piano sull'elio liquido e su varii aspetti della fisica nucleare:
reazioni nucleari, comportamento della materia nucleare, fisica adronica nel
quadro di un collegamento sempre piú stretto tra la fisica nucleare e la fisica
della materia adronica, in collaborazione con varie istituzioni internazionali.
Molinari ebbe la cattedra a Ferrara nel 1976 e torno` a Torino nel 1979 dove
prosegui` le ricerche sulla materia nucleare con un gruppetto di giovani
ricercatori. All'inizio degli anni '80 questo gruppo era impegnato a studiare
effetti relativistici e di scala e l'interferenza tra correnti
elettromagnetiche e deboli.
Negli anni '70 Bottino indagò i decadimenti del quarkonio
in cromodinamica quantistica. Dalla problematica dei decadimenti nucleari fu
indotto ad occuparsi di proprietà delle correnti deboli neutre, studiò le
conseguenze di diversi modelli di gauge per le interazioni deboli, analizzò
modelli di grande unificazione e si occupò di possibili segnali di fisica oltre
il modello standard sviluppando ricerche sulla fenomenologia delle particelle
oltre il modello standard (instabilità del protone, quinta forza, oscillazioni
del neutrone, modelli di grande unificazione, fisica dei neutrini). Ebbe la
cattedra a Torino nel 1980 dove proseguì le ricerche sulla fisica oltre il
modello standard.
Bosco, con alcuni neo laureati (Bruno Carazza, Piero
Quarati, Bruno Mosconi, Pier Paolo Del Santo), sviluppò ricerche sui sistemi
nucleari di pochi corpi. Nel 1964 prese la cattedra a Cagliari (passò poi nel
1968 a Firenze) dove una parte del gruppetto si spostò mentre Del Santo andò in
USA e Carazza a Parma.
Fisica adronica delle alte energie: Predazzi aveva
accettato una Maitrise des Conferences a Lione nel 1964, iniziando una
collaborazione proseguita nei due anni seguenti da Rossetti e de Alfaro. Da
allora e fino ad oggi Predazzi ha anche collaborato con Lione dando con Maurice
Giffon contributi allo studio delle ampiezze d'urto adroniche a grandi energie.
Nell'autunno 1964 Predazzi andò al Fermi Institute dell'Università di Chicago
per due anni (primo Fermi Fellow di una lunga lista) dove si occupò di
proprietà formali dell'ampiezza d'urto in rappresentazione eikonale, di
potenziali singolari e altri studi. Sono di quegli anni studi (con Riccardo
Levi Setti) sulle serie di risonanze e proprietà duali. Con de Alfaro cercarono
metodi per sviluppi non perturbativi in teoria delle interazioni forti. Negli
anni successivi Predazzi si dedicò alla fisica degli adroni, usando e
sviluppando diverse tecniche teoriche. I risultati principali riguardano le
reazioni adroniche sia esclusive che inclusive, in particolare le proprietà
asintotiche, iniziando a studiare, con Giovannini, le proprietà generali dei
fenomeni di produzione di molte particelle. Un altro tema ricorrente fu lo
studio della condizione di unitarietà nell'urto a grandi energie. Passò il 1969-70
a Bloomington e l'anno dopo in Brasile. In ambedue i casi stabilì una
collaborazione duratura; ritornò a Bloomington piú volte per periodi lunghi
come visiting professor e a Rio per brevi periodi. Ebbe la cattedra a Torino
nel 1976. Sviluppò lo studio di varii importanti aspetti della fisica adronica.
Citiamo lo studio dei fenomeni diffrattivi ad alte energie e dei sistemi con
quark pesanti. Predazzi estese le sue collaborazioni a diverse istituzioni,
(Varsavia, JINR, London University etc.) e alla fine degli anni '70 lavorò con
Elliot Leader alla preparazione di un trattato sulla nuova fisica.
Alberto Giovannini (laurea nel 1962, incarico a Palermo
1963-65) studiò problemi delle rappresentazioni dei gruppi durante la
permanenza alla Duke University (1965-66) ottenendo interessanti risultati con
L.C. Biedenharn e sviluppando la geometria proiettiva dei coefficienti di
Clebsch-Gordan. Si dette quindi allo studio della fisica adronica. Per superare
lo schema del modello periferico per le correlazioni di molteplicità nella
produzione di adroni agli acceleratori di alta energia, propose regole generali
che furono verificate nei dati sperimentali disponibili alle grandi macchine
(BNL, Fermilab e Serpukhov). Introdusse poi correlazioni per valutare le dimensioni
della zona di interazione, collaborando con i gruppi sperimentali di Torino e
Pavia, lavorando anche con H.B. Nielsen e con Veneziano (al CERN 1976-77).
All'Imperial College nel 1978 provò che i jets di QCD sono a livello partonico,
sotto certe approssimazioni, processi a cascata di Markov presentando soluzioni
esplicite (con Anselmino) per le molteplicità partoniche. Negli anni successivi
ampliò questi studi. Ebbe la cattedra a Salerno nel 1980 (e a Torino nel 1983)
e proseguì lo studio delle reazioni mulltiple adroniche.
Luigi Sertorio, laureato a Torino nel 1958, aveva
lavorato a Roma dal 1960, con contributi alla teoria del momento angolare
complesso e alla fenomenologia adronica delle alte energie; fu poi in Iowa, a
Berkeley e all'IAS, dove proseguì quelle ricerche con risultati interessanti. A
Torino dal 1972 sviluppò la teoria della temperatura limite nella termodinamica
degli adroni. Da questi interessi, abbandonando le particelle, passò alla
termodinamica dei sistemi aperti sviluppando ricerche sulla produzione di
entropia che lo condussero a problemi ecologici ed economici (bilancio
energetico planetario, termodinamica globale dell'ecosistema).
Ritorniamo agli sviluppi generali. Dalla fine degli anni
'50 furono proposti schemi gruppali per classificare le particelle e le
risonanze. Il gruppo di simmetria approssimato SU(3)F (cosiddetto "del
sapore") per gli adroni, proposto nel 1961, fu confermato dalla scoperta
della particella Omega- nel 1964. Fu proposta la struttura a quark (M. Gell-Mann,
G. Zweig, 1964). La fisica delle particelle strane (le vecchie V, tau, theta
poi chiamati mesoni K, e gli iperoni) si spiegava in termini dell'esistenza di
un terzo quark, chiamato appunto "strano" che poteva decadere
mediante interazioni deboli in un quark della materia nucleare. Cominciava un
frenetico interesse sull'uso di gruppi di simmetria quasi esatti in fisica
delle particelle, indotto dai successi delle formule di massa e dal lavoro su
SU(6) di Radicati e Feza Gursey, ottobre 1964, che in parte si ispirava (in
altro contesto) al lavoro di Gamba, Malvano e Radicati di 12 anni prima.
Per conciliare la struttura a quark con la Omega- fu
quindi introdotto (M.Y. Han e Y. Nambu, 1965) il gruppo SU(3)C del colore (da
non confondere con il precedente SU(3)F ) che fu confermato piú tardi da fatti
sperimentali e necessità teoriche.
Le interazioni deboli contribuirono potentemente allo
sviluppo delle conoscenze. Della non conservazione della parità (autunno 1956)
si è detto. Il carattere universale di queste interazioni, la cui intensità era
approssimativamente eguale per particelle dotate o prive di interazione forte,
ne sottolineava il parallelismo (già alla base della teoria di Fermi del 1934)
con le interazioni elettromagnetiche il cui schema fu generalizzato proponendo
la conservazione delle correnti deboli vettoriali e il loro collegamento con
corrente elettrica isovettoriale (CVC 1955, 1958), la conservazione
approssimata delle correnti deboli assiali (PCAC 1960), e l'estensione di CVC
alle correnti deboli di SU(3) (Cabibbo 1963).
Fubini e Furlan al CERN nel 1964 cominciarono a occuparsi
del problema dal punto di vista delle regole di somma, inventando il famoso
metodo p infinito.
Nota:
Applicando questo metodo Steven Adler e William Weisberger spiegarono
indipendentemente nel 1965 i valori delle costanti deboli assiali degli adroni,
un risultato molto importante.
Con Rossetti, giunto al Cern, svilupparono diverse
applicazioni. A Princeton de Alfaro aveva lavorato su schemi di gruppi di
simmetria approssimati. Dal 1965 cominciò tra i quattro una collaborazione che
produsse in pochi anni (1965 - 1969) una serie di risultati di primaria
importanza e di successo: le applicazioni delle regole di somma e dei teoremi
di bassa energia derivati dall'algebra delle correnti e le relazioni di
superconvergenza. L'algebra delle correnti era basata sulla validità di
relazioni di commutazione gruppali tra cariche e correnti deboli ed
elettromagnetiche. Da esse si ottenevano regole di somma e teoremi di bassa
energia. La superconvergenza deduceva regole di somma (soddisfatte dai dati
sperimentali) dal comportamento delle ampiezze di urto di particelle con spin
ad alte energie, mettendo cosí in luce per la prima volta la relazione tra
basse e ad alte energie. Fubini ebbe il premio Heinemann per la Fisica
matematica della APS nel 1968.
de Alfaro ebbe nel 1968 la cattedra di Fisica teorica a
Bari e l'anno seguente vinse il concorso per la cattedra di Teoria dei Campi a Torino.
Rossetti divenne professore aggregato in Fisica teorica a Torino nel 1970 e
ordinario nel 1973. de Alfaro, Fubini, Furlan, Rossetti pubblicarono nel 1973
in inglese un trattato sull'algebra delle correnti e la fenomenologia delle
particelle che fu tradotto subito in lingua russa.
In quegli anni Mario Verde promosse attivamente la
formazione del Corso di Laurea in Informatica e si adoperò per avere in Facoltà
Corrado Böhm, un grande informatico teorico. Promosse anche il centro di
Calcolo dell'Università (vedere la sezione dedicata al calcolo). Aveva già
favorito la formazione di un gruppo (Luigi Favella, Maria Teresa Reineri)
dedicato alla cibernetica.
Nel settembre 1969, in occasione del centenario del
sistema periodico di Mendeleev, fu organizzato tra l'Università, l'Accademia
delle Scienze e l'Accademia dei Lincei, un congresso internazionale; in
quell'occasione ebbero la laurea Honoris Causa Victor Weisskopf (MIT), Nikolai
Bogolubov (JINR e Accademia delle Scienze dell'URSS) e Murray Gell-Mann (CalTech),
cui un mese dopo sarebbe stato assegnato il premio Nobel per la struttura a
quark degli adroni. L'anno prima era stato formalizzato, grazie a Wataghin e
Verde, un accordo di scambio (con l'URSS era necessario formalizzare gli
accordi) che portò a Torino parecchi ricercatori dell'Accademia delle Scienze e
in URSS parecchi teorici torinesi (de Alfaro e Rossetti andarono in
avanscoperta, ospiti di un Istituto dell'Accademia per un mese).
Nel 1968 - 69 la contestazione studentesca aveva alterato
la normale espansione dell'Istituto. Le attività furono spesso interrotte e
certi episodi ricordarono ad alcuni i tempi dello squadrismo. Seguì una
disordinata serie di rivendicazioni (dagli impiegati ai borsisti) che
bloccarono molte iniziative. Fubini, impressionato dalle occupazioni di
istituto, dall'interruzione del seminario di fisica teorica e dal clima
generale universitario, accettò nel una cattedra al MIT. Ritornò in Europa nel
1973 al CERN dove gli fu offerto un posto al massimo livello. In questi anni, e
in quelli successivi, mantenne i contatti con Torino e realizzò anche un
programma di scambio tra le due sedi, MIT e Torino, che portò a Torino, tra gli
altri, Herman Feshbach, Roman Jackiw e Steve Weinberg ben prima che gli fosse
conferito il premio Nobel (1979).
Torniamo agli sviluppi concettuali. Nel luglio 1968 il
ventiseienne Gabriele Veneziano in un seminario a Torino illustrò la sua
proposta per un'ampiezza d'urto che realizzava la dualità tra risonanze e
comportamento alla Regge e aveva le proprietà di crossing richieste dalle
teorie relativistiche. Si trattava di una teoria di matrice S con
"risonanze" stabili (particelle). Una ampiezza analoga ma non
identica (che risultò poi corrispondere a una teoria di stringhe chiuse) fu
proposta quasi contemporaneamente dal fisico argentino Miguel Virasoro. In
breve tempo vennero costruite ampiezze duali con un numero arbitrario di linee
esterne.
Al MIT Fubini e Veneziano svilupparono in modo essenziale
il modello duale in un fondamentale lavoro mostrando che lo spettro del modello
era generato da una famiglia numerabile di oscillatori armonici che furono poco
dopo (H.B.Nielsen, Nambu, D.Susskind) interpretati come i modi d'oscillazione
di una corda relativistica (la "stringa"). I modelli duali, nati come
teoria di matrice S, erano dunque interpretabili nel quadro della teoria
quantistica dei campi. Stimolati dalle discussioni con Fubini e Veneziano
nell'estate '69, Stefano Sciuto e Ferdinando Gliozzi ottennero altri due
ingredienti essenziali: il primo fornì la forma operatoriale dell'algebra di
simmetria, generalizzata poi da Virasoro
Nota:
Esule dall'Argentina dei generali, Virasoro passò tre anni a Torino (1977 -
1980) ed ebbe poi la cattedra a Roma. Attualmente è il direttore dell'ICTP di
Trieste.
nella sua famosa algebra che aprì nuovi campi d'indagine
sia nella matematica che nella meccanica statistica; il secondo determinò il
vertice generale d'interazione fra tre stringhe.
Nota:
Nel 1969-70 fu ospite a Torino per un anno, lavorando sui modelli duali, Mike
Kosterlitz che divenne poi professore alla Brown University (transizione di
fase di Kosterlitz - Thouless). La sua permanenza è ricordata anche per alcune
vie alpinistiche, nel massiccio del Bianco e nelle palestre di roccia, che
portano il suo nome.
Fubini e Veneziano, P. Campagna, Fubini, Ernesto
Napolitano e Sciuto, Fubini, A.J. Hanson e Jackiw posero le basi per la
costruzione delle teorie conformi, sviluppatesi poi pienamente a partire dagli
anni '80, e Rebbi, P. Goddard, J. Goldstone e C.B. Thorn posero su basi solide
la quantizzazione della stringa.
Nota:
Andrew J. Hanson è figlio del professore che lavorò al Sincro negli anni '50.
Claudio Rebbi, laureato e specializzato a Torino e poi trasferito negli USA, fu
tra i pionieri delle simulazioni numeriche per lo studio della QCD su reticolo
e ha attualmente responsabilità di primo piano nell'organizzazione dell'uso del
calcolatore per la ricerca scientifica di base.
Il gruppo di giovani, allargatosi a Alessandro D'Adda e
Riccardo D'Auria, iniziò una prolungata collaborazione con altri ricercatori
italiani e stranieri (Firenze, Napoli, Göteborg, NBI, CalTech etc.) producendo
una serie di articoli ampiamente citati nella letteratura come gli
"Ademollo et al." In essi fra l'altro vennero per la prima volta
introdotte le superalgebre conformi estese e le corrispondenti teorie di
stringa, nonchè una teoria unificata di stringhe aperte e chiuse.
Dobbiamo ora occuparci di una trasformazione radicale del
quadro concettuale generale. Tra la fine degli anni '60 e la prima metà degli
anni '70 il quadro di riferimento cambiò . Chiarito il meccanismo della rottura
spontanea globale e locale venne formulata (1962-68) la teoria di campo
unificata delle interazioni elettrodeboli. Le correnti deboli neutre previste
furono misurate nel 1973 al CERN (dove 10 anni dopo, con la trasformazione del
SpS in SppbarS, furono prodotti i bosoni intermedi della teoria di campo delle
interazioni deboli, premio Nobel 1984 a Carlo Rubbia e Simon van Der Meer).
La teoria dei campi, trascurata dai piú fin dagli anni
'50, riprese quota diventando lo strumento per descrivere la fisica delle
particelle, per via di molti successi nella comprensione delle forze che
agiscono in natura. Fu provata la rinormalizzabilità delle teorie di gauge (G.
't Hooft; M. Veltman) e cosí la teoria elettrodebole divenne computabile
perturbativamente. Per gli adroni, confermato ormai il modello a quark di
carica frazionaria, il gruppo SU(3)C di "colore" diventò la base per
la teoria di gauge delle interazioni forti tra quark (cromodinamica); fu
provata la libertà asintotica che implica la computabilità perturbativa della
cromodinamica alle alte energie, confermata dai risultati degli urti a grandi
energie (la produzione di getti adronici); si costruirono argomenti per
spiegare il confinamento dei quark (dall'inizio alla fine degli anni '70).
Nell'urto profondamente anelastico di leptoni
Nota:
Particelle prive di interazione forte.
su adroni fu trovato, alla fine degli anni '60, il
comportamento di scala (J.D. Bjorken, laurea Honoris Causa a Torino, 1993) e fu
provata la composizione partonica degli adroni (R.P. Feynman già nel 1961, alla
Conferenza di Aix - en - Provence, aveva posto il problema).
La "rivoluzione sperimentale del novembre 1974"
(scoperta dello stato J-psi composto da quark - antiquark di tipo
"charm" a BNL e Stanford) apportò ulteriori fondamentali novità. Si
scoprì negli anni immediatamente successivi il settore dei quark e dei leptoni
pesanti (dopo il "charm" il "bottom" e il leptone
"tau", molto piú tardi il quark "top"). Colore, numero e
cariche dei quark e dei leptoni si combinarono in modo da eliminare una
proprietà apparentemente inconsistente della teoria dei campi (anomalia). La
relazione tra teoria dei campi ed esperimento si fece piú stretta: da allora la
teoria dei campi agì nuovamente da propulsore, come ai tempi di Yukawa ma in un
contesto ben piú sicuro metodologicamente e enormemente piú complesso nelle
manifestazioni sperimentali. Si aprì la strada alla riflessione sulle
unificazioni tra interazioni (elettrodebole e forte) e tra particelle (leptoni
e adroni) ad energie oggi non raggiunte. Si stabilizzò il modello di
riferimento (interazione elettrodebole e cromodinamica: modello Standard della
fisica delle particelle) e si sviluppò la connessione tra la storia
dell'universo iniziale e la fisica delle particelle, capitolo fondamentale
della cosmologia (modello Standard cosmologico).
Nuovi metodi teorici furono sviluppati: il gruppo della rinormalizzazione,
la relazione tra teoria dei campi e meccanica statistica, le universalità nelle
transizioni di fase, le computazioni di proprietà degli adroni su spazio -
tempo reticolare, gli studi di effetti non perturbativi (soluzioni classiche,
monopoli, solitoni, instantoni, tunneling), le teorie di campo effettive, etc.
Dalla stringa ebbero origine le teorie supersimmetriche
(simmetria fra bosoni e fermioni). Furono all'origine di teorie di campo che
estesero il modello standard di riferimento collegando campi fermionici e
bosonici (ancora da confermare).
Ancora il 1974 segnò una data cardinale per la nuova fase
della teoria della stringa: in quell'anno, abbandonata la teoria di matrice S
per le interazioni forti, sostituita dalla cromodinamica, la stringa trovò un
ruolo diverso, piú generale: fu proposto (J. Scherk e J. Schwarz) che la
teoria, invece di costituire un approccio fenomenologico alla fisica degli
adroni per energie dell'ordine del GeV, rappresentasse la teoria generale delle
interazioni quantistiche ad altissime energie, inclusa la relatività
quantistica, con un cambio di scala di molti ordini di grandezza (fin quasi
alla massa di Planck). Il gravitone, un ospite indesiderato nella vecchia
interpretazione dei modelli duali, ebbe la sua rivincita, grazie anche a un
lavoro "Ademollo et al.", e la teoria della stringa divenne un
candidato per la quantizzazione della gravità.
La teoria delle stringhe era afflitta da due problemi. La
sua consistenza richiedeva un numero di dimensioni spaziali elevato.
L'introduzione della supersimmetria ridusse a 9 le dimensioni spaziali
necessarie.
Nota:
Ciò viene risolto con un meccanismo di compattificazione alla Kaluza - Klein.
L'altro problema era la presenza di uno stato con massa
immaginaria (il "tachione"). Tale ostacolo fu brillantemente superato
dal classico lavoro di Gliozzi, J. Scherk e D.Olive che all'Ecole Normale nel
1977 costruirono la prima teoria di superstringa completamente consistente,
elemento essenziale per le nuove stringhe; la "proiezione GSO" è uno
strumento di uso corrente che ogni allievo di dottorato che lavori in questo
campo deve saper maneggiare.
Alessandro D'Adda (dell'INFN), a Copenhagen nel 1976-78,
con Di Vecchia e Luscher risolse nel limite di grandi N (numero di
"colori") una classe di teorie bidimensionali (i modelli CP(n))
dotate di istantoni, rivelando importanti fenomeni non perturbativi, come la
possibilità per campi non dinamici di acquisire un termine cinetico a livello
quantistico. In altri lavori (con Paolo Di Vecchia) venne osservata l'assenza
di correzioni quantistiche alla massa degli istantoni e monopoli in teorie
supersimmetriche, un ingrediente essenziale per le dualità alla Seiberg e
Witten in teoria dei campi.
Nella seconda metà degli anni '70 Sciuto si occupò di
instantoni e di teorie conformi in due dimensioni, della estensione della
supersimmetria e della loro quantizzazione con importanti risultati.
Molte ricerche furono dedicate a sviluppare modelli di
supergravità. Y. Neeman e Regge (1978), D'Adda, D'Auria, Frè e Regge (1980)
formularono geometricamente la supergravità (questo gruppo stabilì poi una
fruttuosa collaborazione con P. van Nieuwenhuizen e Sergio Ferrara a Stony
Brook e a UCLA). Leonardo Castellani, D'Auria, Frè intrapresero la stesura di
un trattato sul metodo geometrico in supergravità e superstringhe.
Dalla seconda metà degli anni '70 de Alfaro, Fubini e
Furlan si occuparono di varii aspetti di teoria dei campi: soluzioni classiche
di teorie di campo conformi, di gauge e di relatività generale, invarianza
conforme, formulazione funzionale della teoria dei campi; ebbero particolare
successo le soluzioni "meroniche", la formulazione dell'invarianza
conforme in meccanica quantistica (ripresa e sviluppata nella letteratura in
vari contesti) e il problema della misura nella formulazione funzionale della
teoria dei campi. Continuarono poi ad occuparsi di teoria dei campi, de Alfaro
fu attivo anche in fenomenologia oltre il modello standard.
Fubini fece parte del Direttorato del CERN (1976-1980)
dove tra l'altro la sua azione fu essenziale per promuovere e il progetto del
collisore per elettroni e positroni LEP nella comunità dei fisici europei.
Nota:
La sua attività sia di ricerca che di direzione scientifica gli valsero nel
1982 la laurea Honoris Causa dall'Università di Heidelberg.
Passiamo alla fenomenologia delle particelle. Nel
rinnovamento di interesse per la teoria dei campi Giampiero Passarino fu nella
seconda metà degli anni '70 a Utrecht e poi ad Ann Arbor, Michigan; un lavoro
molto noto (Passarino e M. Veltman) fondò e sviluppò il metodo generale per
trattare perturbativamente le teorie di gauge. Passarino sviluppò poi studi di
alta precisione sulla fisica elettrodebole alle alte energie, essenziali per il
lavoro dei gruppi sperimentali di LEP.
Dalla metà degli anni '70 Mauro Anselmino si dedicò alla
fisica dei sistemi adronici; passò due anni a Bloomington Indiana e lunghi
periodi a Varsavia (piú tardi a Londra). Sviluppò lo studio della struttura
interna degli adroni dando contributi essenziali alla comprensione della
struttura di spin del nucleone, spesso in collaborazione con i gruppi
sperimentali interessati a questi problemi.
Alessandro Ballestrero, dell'INFN, iniziò l'attività di
ricerca con Predazzi nel 1971 studiando modelli a cluster di produzione
multipla. Nel quadro del modello Standard (teoria elettrodebole e
cromodinamica) e sue estensioni supersimmetriche si dedicò poi allo sviluppo di
metodi in teoria perturbativa che fornirono importanti previsioni e analisi
relative agli esperimenti ai grandi acceleratori.
Torniamo alla fisica nucleare. Wanda Alberico si dedicò
alla fisica nucleare con Molinari; fu nella seconda metà degli anni '70 a Bonn
occupandosi di potenziali nucleari; subito dopo al CERN lavorò su diversi
aspetti della fisica nucleare. Nel quadro dello studio delle interazioni tra
nuclei, pioni e risonanze mesoniche il gruppo studiò la condensazione pionica
in alcuni tipi di funzioni di struttura, suggerendo esperimenti realizzati poi
a Los Alamos e Bloomington.
Nella seconda metà degli anni '70 Giovanni Pollarolo fu
ospite del NBI e cominciò ad occuparsi dello studio dei meccanismi di reazioni
fra ioni pesanti contribuendo allo studio del potenziale ottico, evidenziando
in particolare l'importanza dei canali di trasferimento. Sviluppò lo studio di
queste reazioni in stretta collaborazione con ricercatori dei LNL e del NBI,
con importanti risultati sulle reazioni di trasferimento di piu' nucleoni utili
per studiare la produzione di ioni pesanti ricchi di neutroni.
La fisica teorica ha continuato a svilupparsi
impetuosamente nei decenni recenti con l'apporto di nuove cattedre (Gliozzi,
Sciuto, D'Adda - INFN, Francesco Pegoraro, Pietro Fré) e associati (Anselmino,
Alberico, Ballestrero - INFN, Passarino, Pollarolo) ma i limiti del nostro
mandato ci impongono di fermarci. Per ragioni di spazio non possiamo tentare
neppure di elencare i tanti ospiti del gruppo per periodi dell'ordine del mese
o dell'anno.
Nei primi anni '50 era avvenuto, nella fisica
sperimentale delle particelle, un cambiamento epocale. I laboratori USA misero
in funzione due grandi acceleratori, il Cosmotrone da 3 GeV (1952) a BNL e il
Bevatrone da 6 GeV (1954) al Lawrence Radiation Lab di Berkeley. La comunità
dei fisici di particelle si separò . La ricerca sistematica sulle proprietà
delle particelle passò alle macchine acceleratrici, dove fasci regolari
garantivano flussi che i raggi cosmici non potevano fornire. La ricerca sui
raggi cosmici continuò vivace in due direzioni: lo studio delle proprietà del
cosmo (astrofisica, fisica dello spazio, cosmologia) e l'indagine su fenomeni
molto rari: il decadimento del protone e la fisica dei neutrini, come vedremo
nel prossimo capitolo.
L'epoca dei lanci di emulsioni su palloni giunse alla
fine: quando l'ultima rassegna su dati raccolti fu pubblicata nel 1963 da una
grande collaborazione internazionale
Nota:
Parteciparono istituzioni di Australia, Austria, Brasile, Canada, Germania,
Giappone, India, Irlanda, Israele, Italia, Norvegia, Polonia, Regno Unito,
Stati Uniti, Svizzera.
cui partecipava Torino, i lanci erano finiti da un pezzo.
Il gruppo di Torino aveva tratto profitto: la conoscenza
della tecnica delle emulsioni (e la collaborazione con fisici europei ed
americani) permise di contribuire alle esperienze con le macchine acceleratrici
già dal 1958. Il gruppo nel frattempo si andava ingrandendo: nel 1957 era
composto da Garelli, Vigone, Debenedetti, Tallone, Cester, Quassiati, Bisi; tra
il '59 e il '60 si aggiunsero Maria Itala Ferrero, Giovanni Borreani, Alberta
Marzari Chiesa e Giuseppina Rinaudo. Il numero di tecnici aumentò
corrispondentemente. A rinforzare il gruppo arrivò anche, fresco di PhD da
Princeton, Albert Werbrouck, la cui competenza in informatica oltre che in
fisica fu utilissima. Fu subito inglobato nel gruppo.
La prima esposizione agli acceleratori usò il fascio di
particelle neutre del Bevatrone, per studiare i K0 a vita lunga e il fascio di
K negativi. Le esperienze, che usavano ancora la tecnica delle emulsioni
nucleari, erano dedicate a comprendere il comportamento delle particelle dotate
di "stranezza".
La tecnica delle emulsioni venne però quasi subito
abbandonata per lasciare posto alla piú efficiente tecnica delle camere a bolle
che registrava su pellicole fotografiche le bollicine prodotte dalle particelle
ionizzanti. Le camere venivano esposte ai fasci degli acceleratori e la grande
frequenza di dati interessanti richiese l'uso di mezzi informatici. Fra il 1960
e il 1962 l'attrezzatura del laboratorio venne quindi rivoluzionata: fu una
conversione radicale, dai microscopi ai proiettori, dalla registrazione
completamente manuale dei dati all'automazione delle misure. Le macchine di
misura, cui venivano dati strani nomi come Frankenstein e Mangiaspago, dovevano
essere costruite nelle officine dell'istituto, essere precise ed efficienti, e
costare poco.
L'automazione fu possibile grazie ai calcolatori
elettronici, che da quegli anni cominciarono a essere strumenti di uso comune.
Occorrevano però calcolatori potenti e l'Istituto non aveva finanziamenti
adeguati: ci si doveva quindi arrangiare facendosi ospitare (ovviamente fuori orario)
nei cosiddetti "Centri Meccanografici" delle ditte cittadine. Venne
usata una IBM dell'Azienda Tranviaria e per lungo tempo si passarono anche
notti e sabati pomeriggio alla Fiat Mirafiori, dove c'era una IBM 7040. Non era
un modo facile di lavorare: a parte gli orari scomodissimi, si trasportavano
avanti e indietro pacchi di schede perforate e rotoli di carta stampata (di cui
uno, dimenticato sul tetto di una macchina, si srotolò lungo corso
D'Azeglio...). Ancora nel 1963 si facevano faticose spedizioni a Ispra per
usare i calcolatori dell'Euratom (si veda il capitolo sul calcolo).
L'entusiasmo era comunque grande, e i risultati furono
gratificanti. Si studiò la fisica del mesone K attraverso i suoi modi di
decadimento. Si cercarono anche eventi di corrente neutra, contribuendo con
queste ricerche a chiarire che non esistono correnti neutre con cambio di
stranezza. L'acceleratore usato fu il PS del Cern (una splendida macchina usata
poi come alimentatore della catena di acceleratori del Cern) che entrò in
funzione tra il novembre 1959 (primo fascio di protoni) e il febbraio 1960
(inaugurazione). Il materiale sperimentale consisteva in film dalla camera a
bolle a idrogeno di Saclay e da quella a liquidi pesanti (propano, freon)
dell'Ecole Polytechnique.
Gli esperimenti ebbero il carattere di collaborazioni
internazionali. Alla collaborazione X2 che misurò a metà degli anni '60 le
caratteristiche del decadimento K+ -- mu+ pi0 nu partecipavano, oltre a Torino,
Aachen, Bari, Bergen, Parigi Ecole Pol., Nimega, Orsay, Padova. I risultati
stabilirono la validità della teoria vettore -- assiale delle interazioni
deboli in questi decadimenti.
Verso la fine degli ani '60 il gruppo si ramificò : una
parte decise di dedicarsi allo studio delle interazioni forti degli adroni,
l'altra parte preferì studiare le interazioni deboli dei neutrini.
Del primo gruppo facevano parte Borreani, Quassiati,
Rinaudo, Vigone e Werbrouck (poi si aggiunsero Flavio Marchetto ed Ezio
Menichetti mentre Werbrouck passò ad Informatica.). Garelli aveva vinto il
concorso e ricoprì a Bari la cattedra di Fisica superiore dal 1964 al 1967. Il
gruppo scelse di studiare le interazioni adroniche usando fasci di antiprotoni
e pioni di alta energia, con l'obiettivo principale di studiare la spettroscopia
degli stati adronici la quale aveva infatti avuto un fortissimo impulso negli
anni '60 con la scoperta di un gran numero di particelle e risonanze. Era viva
l'esigenza di studiarne le proprietà per ricondurle ad una classificazione
basata su leggi di simmetria semplici ed interpretabili. Il gruppo contribuì in
particolare allo studio del cosiddetti mesoni assiali e successivamente, negli
anni '70, alla ricerca di indicazioni indirette della formazione di particelle
dotate di "charm" (numero quantico che corrisponde alla presenza di
un quark tipo "charm")
Nota:
Gli effetti sperimentali del "charm" furono visti nel novembre 1974 a
Brookhaven e a Stanford e nell'anno seguente fu riconosciuta l'esistenza del
quark "charm".})
usando una versione elaborata di camera a bolle,
sviluppata dai collaboratori del Rutherford Lab, che univa i vantaggi di un
bersaglio a idrogeno e di un rivelatore a liquidi pesanti.
Diego Gamba, Marzari Chiesa e Alessandra Romero, cui poi
si aggiunsero Daniela Allasia e Lodovico Riccati, si dedicarono ad esperimenti
con fasci di neutrini sotto la guida di Franzinetti, grande esperto mondiale in
questo campo. Vennero studiate le interazioni di antineutrini nella camera a
bolle Gargamelle riempita di propano ed esposta al fascio del PS, la produzione
di particelle dotate di charm e le interazioni di neutrini e antineutrini nella
camera a bolle BEBC riempita di deuterio ed esposta al fascio del SpS.
Nota:
L'acceleratore Super Proton Synchrotron del CERN entrò in funzione nel 1976: accelera
protoni fino a un'energia di 450 GeV.}.
In questi esperimenti si misurarono con precisione le
sezioni d'urto di neutrini e antineutrini in funzione dell'energia, si ottenne
un'ottima valutazione dell'angolo di Weinberg e vennero determinate le funzioni
di struttura di interazione debole per ogni tipo di quark. Vennero osservati i
primi eventi con particelle charmate neutre e il primo barione dotato di charm.
La tecnica usata per il charm fu estesa all'osservazione diretta di particelle
con numero quantico "beauty", problema ancora piú difficile per la
minore sezione d'urto: venne comunque visto un bellissimo esempio (il primo) di
produzione associata di queste particelle.
La tecnica delle camere a bolle andava via via
ibridizzandosi e gli esperimenti diventavano sempre piú complessi: le camere a
bolle vennero a poco a poco abbandonate fra gli anni '70 e gli anni '80 con la
conversione a tecniche completamente elettroniche piú adeguate a selezionare i
dati significativi, originati da processi con bassa probabilità, dall'enorme
quantità di dati sperimentali prodotti. Fra gli esperimenti val la pena
ricordare l'esperimento R704 agli ISR del CERN, in cui furono coinvolti Rosanna
Cester Regge appena rientrata da Princeton (1978), Borreani, Marchetto, Menichetti
e Rinaudo (cattedra dal 1976), ultimo esperimento prima della definitiva
chiusura degli ISR e primo esperimento ad adottare la tecnica innovativa del
bersaglio a getto, in cui il bersaglio delle particelle accelerate non era piú
fisso ma costituito da un getto di atomi di idrogeno che attraversava in volo
la ciambella dell'anello di accumulazione intercettando il fascio di
antiprotoni accelerati. Questo esperimento fu il primo di una serie (la tecnica
sperimentale usata venne esportata dal gruppo, negli anni '80, all'accumulatore
di antiprotoni del Fermilab, dove viene tuttora utilizzata per lo studio della
fisica del charmonio).
Dal 1967 si aprì una nuova linea di ricerca che usò
tecniche elettroniche per lo studio della fisica del K0 (la violazione del
prodotto di parità e coniugazione di carica nel decadimento del K01 era stata
trovata nel 1964). La collaborazione CERN - Aachen - Torino,
Nota:
M.I. Ferrero, Bisi e giovani laureati.
diretta da Carlo Rubbia, realizzò uno spettrometro
magnetico con camere a filo e rivelatore Cerenkov che venne usato al PS del
CERN. Dalla raccolta dati si ottennero molti risultati interessanti riguardanti
la differenza di massa, l'ampiezza di rigenerazione, i fattori di forma del K0
l3 e la loro dipendenza funzionale dall'impulso trasferito. Con l'entrata in
funzione degli ISR (1971) la collaborazione effettuò le prime misure della
sezione d'urto differenziale protone - protone a piccoli angoli.
Per potenziare la linea di ricerca che usava tecniche elettroniche,
Franzinetti fece venire dal CERN Piero Dal Piaz (poi Rettore dell'Università di
Ferrara negli anni '90) e Paola Ferretti Dal Piaz
Nota:
A questi si aggregarono i neo laureati Cristiana Peroni e Luigi Tecchio.
per realizzare le misure dell'annichilazione protone +
antiprotone -- e+ e-, determinando con precisione il fattore di forma
elettromagnetico del protone nella regione cinematica temporale (diversa da
quella esplorata negli urti elettrone - protone).
Seguirono poi le grandi collaborazioni, a livello ormai
planetario, formate da centinaia di ricercatori, ingegneri, tecnici e
informatici: già negli anni '70 Torino
Nota:
Dalpiaz, M.I.Ferrero, Ferretti Dalpiaz, Franzinetti, Peroni.
prese parte a una vasta collaborazione per studiare i
processi di diffusione profondamente anelastica muone - nucleone al SpS.
L'importante esperimento promosso da Franzinetti, chiamato EMC, fu il primo di
grandi dimensioni: interessava un'ottantina di fisici di 12 istituzioni di
Francia, Germania, Italia, Regno Unito, CERN e DESY. Con costi bassi, se
paragonati a quelli di altri esperimenti, ottenne risultati di grande qualità e
importanza mondiale. Ebbero numero di partecipanti e dimensioni ancora maggiori
gli esperimenti dei decenni successivi in cui Torino ebbe ed ha un ruolo molto
importante (al LEP, all'esperimento Delphi, ioni pesanti, MACRO al Gran Sasso,
a Fermilab, nella progettazione della sperimentazione ad LHC), con nuove
cattedre (Cester, Borreani, Marzari, Riccati - INFN) e professori associati; ma
il nostro racconto deve fermarsi.
Come abbiamo detto, abbandonata agli acceleratori la
ricerca sistematica sulle proprietà delle particelle la ricerca sui raggi
cosmici allargò l'orizzonte allo studio delle proprietà del cosmo (astrofisica,
fisica dello spazio, cosmologia) e si dedicò alla ricerca di fenomeni
particellari molto rari non visibili agli acceleratori: il decadimento del
protone, i segnali da neutrini cosmici.
Castagnoli aveva alle spalle una grande esperienza di ricerche
sui raggi cosmici, sia con le emulsioni che con contatori, al Plateau Rosa.
Persuaso dall'esperienza accumulata nello studio dei raggi cosmici che la
creazione di laboratori sotto roccia fosse molto importante sia per alcuni
aspetti fondamentali della fisica delle particelle che per lo studio degli
eventi cosmici, si dedicò con lungimiranza ed energia alla creazione di un
laboratorio sotterraneo, al ripristino del laboratorio della Testa Grigia e
all'organizzazione degli esperimenti relativi. piú tardi promosse studii di
astrofisica e di geofisica.
La prima impresa fu la messa in opera nel 1962 del
Laboratorio del Monte dei Cappuccini (40 -100 metri di acqua equivalente) per
il quale il Comune di Torino concesse l'uso dei locali. Cominciò l'attività caratteristica
del laboratori sotterranei dove il fondo cosmico è basso.
Molta attenzione fu dedicata alle misure di modulazione
diurna ed annuale della radiazione cosmica, da cui si possono ottenere
informazioni sul campo magnetico che si propaga dal Sole verso lo spazio
esterno. Si ottennero risultati sulle variazioni diurne e indicazioni sulle
variazioni sideree (Giuliana Cini, cattedra nel 1973, cui si aggiunsero Ester
Antonucci e Maria A. Dodero). Il laboratorio è servito anche per misure di di
radioattività di piccolissima intensità: in collaborazione con geologi e
astrofisici, il gruppo di G. Cini ha eseguito misure di precisione su meteoriti
"fresche" e sedimenti, anche in collaborazione con Ahmedabad, India.
In quel periodo Castagnoli si dedicò anche al progetto
LEALE ai LNF, un laboratorio per utilizzare l'iniettore del collisore e+ e-
ADONE in modo da produrre fasci secondarii.
Ma il laboratorio dei Cappuccini è poco profondo. Esso
servì soprattutto come esperienza pionieristica per il secondo passo, la
creazione di un vero laboratorio sotterraneo di grande profondità. Valendosi
dell'esperienza fatta ai Cappuccini il gruppo ottenne (per concessione gratuita
della Società del Tunnel del Monte Bianco) due sale laterali nella Galleria
(1965), ciascuna di 80-90 metri quadri, ad una profondità equivalente a 5000
metri di acqua in verticale.
Il laboratorio del Monte Bianco fu il migliore
laboratorio sotterraneo del suo tempo, combinando in modo ottimale i vantaggi
della profondità e dell'accessibilità. Fu il primo ad essere servito da
un'autostrada. Vi si poteva fare fisica di ampio respiro. Gli esperimenti
furono indirizzati ai seguenti problemi: la fisica dei muoni di elevata
energia, superiore a quella ottenibile dagli acceleratori; la fisica cosmica
neutrinica; lo studio della composizione dei primari cosmici di energia
maggiore di quella misurabile con i satelliti; l'osservatorio neutrinico delle
esplosioni delle Supernovae; la vita media del protone.
L'apparecchiatura realizzata all'inizio fu uno
scintillatore liquido contornato da uno scintillatore plastico, controllati con
tecniche fotografiche. Fu seguita da un insieme telescopico di camere a
scintilla (ogni sera si sviluppavano le pellicole). In questo laboratorio la
collaborazione scientifica Frascati, Roma, Torino eseguì le prime ricerche sul
decadimento del protone e ricavò dai dati sperimentali il primo limite
inferiore di 1027 anni. Il gruppetto iniziale ebbe nella prima metà
degli anni '60 il contributo di energie dei giovani Laura Bergamasco e Pio
Picchi che vi si dedicarono.
Successivamente fu costruito un rivelatore piú grande
(circa 100 tonnellate di scintillatore liquido), chiamato LSD (liquid
scintillator detector), circondato da camere a deriva che fornivano indicazioni
sulla direzionalità del segnale. Occupava l'intera sala lasciando uno stretto
passaggio che solo i piú magri potevano usare. Questo esperimento, in
collaborazione con l'Accademia delle Scienze dell'URSS, era destinato a misurare
neutrini da collassi stellari. La conduzione dell'esperimento fu coordinata da
Oscar Saavedra, aggiunto al gruppo nella seconda metà degli anni '60.
Quasi contemporaneamente nella seconda sala si costruì,
in collaborazione tra Torino, Milano, Frascati e CERN, l'apparato NUSEX,
calorimetro ad alta granularità per la misura del decadimento del protone.
Dall'Università di Torino, oltre a Castagnoli, partecipavano Pio Picchi,
Gianfranco Bologna e Saavedra.
Nota:
Picchi e Bologna ebbero la cattedra nel 1977.
Il limite inferiore della vita media del protone fu
portato a 1031 anni e si trovò anche un evento che potrebbe essere
il decadimento di un protone.
Il lavoro pionieristico e i risultati ottenuti
dimostrarono l'importanza delle misure nei laboratori sotterranei. Un forte
gruppo di fisici francesi (Ecole Normale), seguendo l'esempio, progettò un
laboratorio simile, piú ampio, nella galleria del Frejus e naturalmente
collaborò , all'inizio, col gruppo torinese.
Ma nella seconda metà degli anni '70 i risultati ottenuti
dai laboratori sotterranei spinsero l'INFN a progettare e mettere in funzione
un grande laboratorio a livello nazionale nella Galleria del Gran Sasso (LNGS,
che divenne operativo verso il 1985 ospitando grosse collaborazioni
internazionali). La collaborazione al Frejus appena iniziata dovette essere
interrotta perché ogni risorsa venne convogliata al Gran Sasso.
Nota:
La fisica sviluppata al laboratorio del Monte Bianco fornì la base per la
realizzazione del grande apparato rivelatore LVD al LNGS.
Passiamo ora al Laboratorio della Testa Grigia, che nei
tardi anni '50 fu trascurato per via dell'attenzione (e delle risorse umane e
finaziarie) dedicate alla fisica degli acceleratori. Fu ripristinato nel 1965 e
gestito da Torino. Da allora fu attivo a decifrare i segnali cosmici per
informazioni astrofisiche. Le misure svolte (coordinatore Gianni Navarra)
riguardarono i problemi dell'origine, della propagazione e dell'accelerazione
dei raggi cosmici. Si misurarono gli spettri di energia, la composizione
chimica e le anisotropie nella distribuzione dei primari. Vennero sviluppate
tecniche per studiare le diverse componenti degli sciami atmosferici estesi
(EAS). Furono di particolare importanza gli sviluppi dell'uso della luce
Cerenkov, la cui direzionalità favorì poi lo sviluppo dell'astronomia gamma di
alta energia con ricerca di singole sorgenti, in collegamento con gli altri
osservatori mondiali. Naturalmente verso la fine del periodo descritto molte operazioni
vennero automatizzate, una necessaria conseguenza delle difficoltà ambientali.
L'attività nei due laboratori si svolse sotto l'egida del
CNR che nel dicembre 1968 istituì il Laboratorio di Cosmogeofisica e quindi,
nel dicembre 1979, l'Istituto di Cosmogeofisica (ICG) diretto da Castagnoli.
Accanto alle ricerche sui raggi cosmici si sviluppò un
gruppo di fisica solare formato da Ester Antonucci, Maria Adele Dodero e
Daniela Marocchi che ha partecipato allo studio dell'attività solare nella
banda dei raggi X e UV con le missioni XMM e SOHO, sviluppando strumentazione
spaziale e lavorando all'interpretazione dei dati.
Molti fisici esperti di questi problemi hanno collaborato
con questi gruppi sia nel laboratorio del Monte Bianco che al Plateau Rosa. Tra
i tanti scienziati spiccano in particolare le figure di Georgii Zatzepin (INR e
Accademia delle Scienze, Mosca), di Alexander Chudakov e Venia Berezinsky (INR
Mosca e poi LNGS) e di Kurt Sitte (Un. di Freiburg a.B.) che passò un lungo
periodo a Torino. Bruno Pontecorvo promosse la collaborazione con l'Accademia
delle Scienze sovietica. Sono tutti personaggi di grande rilievo nella fisica
delle particelle e del cosmo.
Nel 1963 Castagnoli associò all'attività sperimentale sui
raggi cosmici un gruppo teorico per lo studio delle sorgenti astrofisiche di
particelle di alta energia, affidato alla guida di Alberto Masani. Ne fecero
parte Giovanni Silvestro e Roberto Gallino, cui nell'anno successivo si
aggiunse Attilio Ferrari. I problemi inizialmente affrontati riguardavano
l'analisi delle sorgenti astrofisiche di neutrini di alta energia, lo studio
delle ultime fasi dell'evoluzione stellare, collassi gravitazionali, esplosioni
di supernova. Successivamente gli interessi si estesero a problemi di astrofisica
extragalattica. Si veda anche sotto la voce "Astronomia".
Piú avanti giunsero nuove cattedre (Ferrari, Bergamasco)
e posti di associato. Importanti iniziative svilupparono queste ricerche al
LNGS (LVD, coordinatore Piero Galeotti per Torino) e al soprastante Campo
Imperatore (EAS-top, coordinatore Navarra). Si aggiunsero le ricerche per lampi
di raggi gamma nel cosmo e per quark "strani" nella radiazione
cosmica primaria (coordinatore Saavedra).
3.5 Fisica nucleare ed energie intermedie.
Nel laboratorio sotterraneo del Sincrotrone vennero
compiute esperienze per studiare le risonanze giganti nucleari fino a 100 MeV.
Furono progettati e realizzati diversi strumenti di misura (rivelatori di
neutroni). La risposta del nucleo a fotoni di energia al di sopra della
risonanza fu chiarita evidenziando tra l'altro l'importanza dei processi di
interazione diretta dei fotoni con coppie di nucleoni correlati spazialmente
(quasi-deutone) e con singoli nucleoni (col contributo teorico di Molinari),
effetti connessi alle componenti ad alto impulso della funzione d'onda
nucleare.
Renato Malvano prese la cattedra a Genova nel 1960; F.
Ferrero era al CERN e nel 1967 avrebbe preso la cattedra a Bari (tornò nel
1975). Sergio Costa collaborò con il Laboratorio dell'Acceleratore Lineare di
Orsay dove gli esperimenti vennero estesi fino ad oltre la soglia di produzione
mesonica con misure che chiarivano varii aspetti di modellistica nucleare.
Luigi Gonella intanto si occupava di migliorare le
prestazioni della macchina. Ci si era resi immediatamente conto dei vantaggi di
un acceleratore che, invece di estrarre dalla ciambella i fotoni prodotti dagli
elettroni che urtavano contro un bersaglio, inviasse direttamente il fascio di
elettroni all'esterno. Prevalse l'idea di progettare una macchina nuova. Di qui
l'impegno di Gonella per progettarla e quello di Malvano (allora a Genova e poi
al Politecnico) per promuoverne la realizzazione. L'impresa avrebbe ecceduto le
risorse di ogni singola università e si formò una collaborazione di 4
università (Torino, Torino Politecnico, Genova e Pavia) per un laboratorio da
costituire ad Alessandria. Il progetto fu preparato ed entrò nel programma
quinquennale dell'INFN, ma nei primi anni '70 in sede nazionale prevalsero la
capacità contrattuale di Padova e le necessità catanesi. Furono approvati il
laboratorio di Legnaro (LNL) per ioni pesanti e il LNS per il sincrotrone
superconduttore costruito a Milano, e mancarono le risorse e l'appoggio
necessari per realizzare un terzo polo nucleare ad Alessandria.
Nel 1958 si era formata una collaborazione con il gruppo
di Genova diretto da Alberto Gigli Berzolari per costruire due camere a
diffusione e una camera a bolle da esporre sia al sincrotrone di Torino che al
nuovo elettrosincrotrone dei LNF. Da parte torinese parteciparono al progetto
Guido Piragino e Valdo Bisi, cui si unì l'anno dopo M.I. Ferrero.
All'elettrosincrotrone si studiarono i processi di foto produzione di pioni su
nuclei leggeri (e si trovò tra l'altro l'isotopo instabile H4 di cui si studiò
il decadimento in H3 + n).
Per alcuni anni, dal 1964, il gruppo Costa, Piragino e
Bruno Minetti collaborò con fisici teorici di Francoforte (W.Greiner e
collaboratori) nello studio accurato della struttura intermedia
dell'assorbimento nella regione della risonanza gigante, prevista dai teorici.
In parallelo Piragino, con l'arrivo di Garfagnini nel
1963, studiò sistematicamente i processi di fotodisintegrazione dei nuclei
utilizzando una camera a diffusione riempita di elio a bassa pressione per misure
sistematiche di energia e polarizzazione dei foto neutroni. Con la stessa
tecnica in campo magnetico si ottennero risultati molto precisi su tutti gli
aspetti della foto disintegrazione di He4 che misero in luce l'esistenza di
sottostrutture nucleari nei nuclei leggeri.
Alla fine degli anni '60 il gruppo iniziò ad affiancare
alle ricerche svolte a Torino nuove attività nel campo della fisica nucleare
indagata con fasci di particelle. Precisamente, ai LNF, nell'ambito del
Progetto LEALE, utilizzando fasci secondari di pioni prodotti dall'iniettore
della macchina ADONE (Piragino - Garfagnini), e allo SC del CERN (Costa) dove,
oltre ad esperimenti di diffusione pione-nucleo, furono studiati fenomeni di
produzione di pioni in collisioni nucleo-nucleo.
Dal 1968, sostenuta da Bruno Pontecorvo, iniziò una
stretta collaborazione di Piragino e Garfagnini, cui si unì Luigi Busso, con il
JINR di Dubna per studiare l'interazione tra pioni e isotopi dell'elio nella
regione della risonanza Delta. A Frascati la collaborazione studiò
l'assorbimento dei pioni positivi, con risultati che giustificarono
l'estensione di questo tipo di esperimenti a SIN e TRIUMPH. A Dubna si
studiarono varii altri processi collegati, ideando un nuovo tipo di rivelatore
Nota:
In letteratura è indicato come "Self Shunted Streamer Chamber".
realizzato in collaborazione. Al gruppo contribuì a metà
degli anni '70 l'apporto di Ferruccio Balestra e di Livio Ferrero. Piragino
ebbe la cattedra nel 1973, Garfagnini nel 1980 a Udine (rientrò a Torino nel
1985).
Forte di queste esperienze ai fasci dei pioni, alla fine
degli anni '70 il gruppo, sempre in collaborazione con Dubna, preparò un nuovo
spettrometro che venne esposto al fascio di antiprotoni di bassa energia appena
prodotto dall'apparato LEAR al CERN, approfondendo le conoscenze sull'urto e
sull'annicihilazione degli antiprotoni nei nuclei leggeri. Dalle misure svolte
si potè dedurre il limite della quantità di antimateria presente nell'Universo
alcuni minuti dopo la Grande Esplosione.
Il gruppo che lavorava al generatore di neutroni
(Brovetto, che ebbe la cattedra a Cagliari nel 1964, Bonazzola, Bressani e
Chiavassa), oltre a studi sui modelli nucleari, mise a punto una tecnica
originale per lo studio della diffusione a grandi angoli che consentì di
determinare con precisione certi aspetti dell'interazione spin orbita.
Bressani poi, con una borsa al CERN, collaborò con
Charpak allo sviluppo delle camere proporzionali a filo. Al suo ritorno, nel
'68, egli e Chiavassa costituirono il nucleo di un gruppo di ricerca nel campo
della fisica adronica ad energie intermedie. Il primo esperimento riguardò la
misura, fatta al SC del CERN, della cattura radiativa di pioni negativi su
protoni per studiare l'invarianza per inversione temporale degli stati adronici
e la struttura di isospin delle correnti elettromagnetiche. Successivamente lo
stesso gruppo effettuò misure sulla reazione di scambio carica nell'intorno
della risonanza Delta contibuendo ad una determinazione precisa dei parametri
dell'analisi in fase di quei processi.
Nel 1970, su suggerimento di C.Rubbia, Bressani,
Chiavassa e Bonazzola
Nota:
Si erano aggiunti i giovani Alfredo Musso, Giuseppe Dellacasa e Mauro Gallio.
studiarono la produzione di ipernuclei da un fascio di K-
in volo al PS del CERN. L'esperimento, con la nuova tecnica delle camere
proporzionali, mostrò la possibilità e l'utilità di studiare ipernuclei con
tecniche di contatori e fu il capostipite di una serie di misure effettute al
CERN e a BNL cui il gruppo non potè partecipare per difficolta di inserimento
nei programmi della fisica nucleare italiana.
Nel 1976 il gruppo, cui si aggiunse Costa, promosse la
collaborazione che realizzò lo spettrometro a grande accettanza OMICRON da
usare allo SC del CERN, con lo scopo iniziale di studiare l'interazione pione
nucleo confrontandola con le previsioni teoriche. Di particolare rilievo furono
le misure di diffusione a grandi angoli su deuterio ed ossigeno. Bressani ebbe
la cattedra nel 1976 a Cagliari (tornò a Torino nel 1985), Costa nello stesso
anno, Bonazzola nel 1977, Chiavassa nel 1980.
A seguito dell'adattamento del SC2 del CERN alla
produzione di fasci di ioni leggeri il gruppo di Torino propose ed eseguì
misure di produzione di pioni per interazione doppiamente coerente
nucleo-nucleo. Il fenomeno fu osservato per la proma volta nonostante una
sezione d'urto di picobarn. Successivamente con un fascio di ioni C da 86 MeV/c
si evidenziò la produzione di mesoni sotto soglia. Negli anni successivi al
1980 questo gruppo realizzò esperimenti al LEAR (Bressani, Costa, Minetti) e a
Saturne (Raimondo Bertini, Chiavassa et al.). Poi i gruppi che lavoravano al
LEAR si unirono in un grande esperimento sulla annichilazione di antinucleoni
utilizzando lo spettrometro Obelix
Le ricerche descritte in questo capitolo non
costituiscono certo rami poco importanti. Esse sono raggruppate insieme perché
hanno le seguenti caratteristiche: sono cominciate piú tardi, sono gestite da
piccoli gruppi di ricercatori e le ricerche non riguardano le strutture
elementari o cosmologiche ma campi in cui la fisica si trova al confine con
altre discipline (matematica applicata, ambiente, insegnamento e apprendimento,
sanità, biologia, scienza dei materiali).
All'interno dell'Istituto di Fisica superiore Franzinetti
formò , a partire dalla fine degli anni '60, un gruppo di Cibernetica e
Biofisica che in seguito ha costituito, insieme ad altri ricercatori
dell'Università di Torino, l'Unità di Ricerca di Torino del Gruppo Nazionale di
Cibernetica e Biofisica del CNR.
L'attività del gruppo fu principalmente rivolta allo
studio dei problemi della percezione visiva. In una prima fase vennero svolte
ricerche sulle figure ambigue; in seguito si aggiunsero ricerche sui fuzzy
sets, sui modi di codifica delle configurazioni da parte del sistema visivo e
sui modelli di invarianza dei processi di riconoscimento. Piu' recentemente la
ricerca è stata dedicata allo studio di modelli di ricostruzione
tridimensionale, all' analisi di immagini a diverse scale di risoluzione e all'
elaborazione di modelli di reti neurali.
Hanno collaborato all'attività del gruppo, in tempi
diversi e per periodi piu' o meno lunghi, Bonazzola, Ciocchetti, A. De Marco,
Mario Ferraro, Franzinetti, Mario Maringelli, Piero Penengo, Aurelia Trabucco,
Paolo Violino.
A metà degli anni '60 la ristrutturazione del Corso di
Laurea in Fisica in tre indirizzi (Generale, Applicativo e Didattico), stimolò
lo sviluppo di un nuovo filone di attività rivolto ai problemi della
trasposizione didattica della Fisica a livello di Scuola Secondaria e
dell'aggiornamento degli Insegnanti di Fisica. Due furono le attività
principali. La prima condusse all'istituzione del "Seminario Fisico di
Aggiornamento e Didassi di Torino", diretto da Castagnoli, che annualmente
organizza, unitamente al Seminario di Storia della Fisica, cicli di conferenze
su temi di attualità della ricerca nel campo della Fisica e della sua storia.
Le conferenze sono principalmente rivolte agli insegnanti di Scuola Secondaria,
ma per il loro alto livello di divulgazione scientifica, interessano spesso un
pubblico ben piu' vasto. All'attività ha collaborato attivamente Luigi
Briatore, che da molti anni si occupa di storia e didassi della fisica con
importanti ricerche su parecchie figure della storia della scienza italiana e
torinese in particolare.
Il secondo filone, iniziato negli anni Settanta e portato
avanti con grande impegno ed entusiasmo da Ilde Quassiati, riguarda invece attività
di aggiornamento attivo degli Insegnanti di Scuola Secondaria, attraverso lo
sviluppo di ricerche in Didattica della Fisica. Intorno a Quassiati si raccolse
rapidamente un gruppo molto attivo di insegnanti di Scuola Secondaria impegnati
a introdurre elementi di innovazione nell'insegnamento della Fisica nella
Scuola Secondaria. Fra questi ebbe un rilievo tutto particolare Antonella
Bastai (1941 - 1988), che aveva abbandonato una carriera scientifica di ricerca
in fisica teorica molto promettente iniziata sotto la guida di Sergio Fubini
per dedicarsi completamente alla Scuola Secondaria.
Nota:
Si veda "Scuola, Scienza e Società", La Fisica nella Scuola Suppl. 3,
anno XXIII, luglio - settembre 1990, pp. 1 - 240.
Numerosi sono stati negli anni i contributi dati dal
gruppo alla promozione di una didattica della fisica piu' dinamica e aperta
alle nuove esigenze, dalla traduzione e sperimentazione di testi allo sviluppo
di materiali didattici e all'utilizzo innovativo di mezzi multimediali. Questa
esperienza si sta ora rivelando preziosa nell'avvio delle Scuole di
Specializzazione per gli Insegnanti di Scuola Secondaria.
L'attività di ricerca in geofisica e fisica dell'
atmosfera a Torino, nata intorno all' anno 1965, ebbe come tematica iniziale
l'"effetto antropico" sull'ambiente e la possibilità di influire sui
regimi di precipitazione naturali (Weather Modification), temi di interesse a
quell' epoca. I temi di ricerca, sviluppati da Arnaldo Longhetto e da Angelo
Piano, furono la fisica della dispersione turbolenta e del trasporto di
traccianti atmosferici nella troposfera inferiore (con la messa a punto, da
parte di Longhetto, di un tracciante lagrangiano a galelggiamento costante), lo
studio delle circolazioni atmosferiche alpine e la fisica delle idrometeore in
troposfera media. Collaborazioni principali di questa prima fase furono quelle
con il CNR (ICG di Torino, FISBAT di Bologna, IFA di Roma) e con i Laboratori
CERL (UK) e EdF (Parigi Chatou).
Successivamente si avviarono di esperimenti e ricerche
sulla fisica dello strato limite planetario dell'atmosfera; per questo studio
furono impiegati sensori remoti di temperatura dell'aria (sviluppati "in
casa" da Pietro Paolo Lombardini e Giuseppe Bonino) e di velocità del vento.
Questa linea di ricerca ha portato, fra l'altro, allo sviluppo di
parametrizzazioni dei flussi turbolenti di massa e di energia termica e
meccanica fra la superficie terrestre e la bassa troposfera necessarie per
definire le condizioni al contorno inferiore nei modelli di circolazione
atmosferica ad area limitata. I risultati furono largamente impiegati, in
versioni adattate volta per volta allo specifico problema a cui venivano
applicati, in studi di trasporto di massa, di intense precipitazioni o di
situazioni di siccità, di interazione aria-mare, ecc.
Sempre su questo tema vennero sviluppate da Lombardini e
Paolo Trivero linee di ricerca in radio - oceanografia basate su osservazioni
di radar marini superficiali e da satellite e orientate allo studio dell'influenza
del vento sulla superficie marina (collaborazioni con ASI e con il Progetto
Envisat dell'ESA). Longhetto e Briatore hanno dato contributi significativi
allo studio dello sviluppo di instabilità barocline atmosferiche (ciclogenesi
alpina) con simulazioni di interazione flusso-ostacolo condotte nella grande
vasca idrodinamica di Grenoble (collaborazione con CNRS, Institut de Méecanique
dell'Università di Grenoble e University of Arizona, Tempe). Longhetto ebbe la
cattedra nel 1980. Gli studi di geofisica si espansero negli anni '80 con
parecchie collaborazioni internazionali e importanti risultati. Albert Osborne,
che scoprì i solitoni oceanici nell'Oceano Indiano, ha sviluppato ricerche sui
moti delle grandi masse e su fenomeni non lineari prima all'ICG e poi nella
Facoltà.
L'attività in questo campo a Torino era stata
tradizionalmente sviluppata presso il Politecnico e il Galileo Ferraris. Dopo
il 1970 Giorgio Montalenti (1915-1990) e Andrea Ferro Milone (1921-1988) fecero
parte della Facoltà di Scienze e nacque quindi in quel periodo un gruppo di
ricerca su materiali magnetici e leghe che operava presso il Galileo Ferraris.
Le ricerche riguardarono metalli ad alta permeabilità, isteresi magnetica,
legami tra proprietà meccaniche e magnetiche, viscosità magnetica legata a
rilassamento e fatica meccanica in materiali metallici. Vi furono anche lavori
sul rumore di magnetizzazione, sul campo coercitivo e sulle perdite di potenza
in lamierini metallici.
L'attività in sede di Istituto riprese con l'arrivo di
Claudio Manfredotti (1978) che iniziò nuove attività nel campo dei semi
conduttori realizzando rivelatori nucleari per spettrometria gamma e dosimetria
X e costituendo un piccolo gruppo di ricerca nell'ambito di Fisica superiore.
I fisici sono assetati di mezzi di calcolo. La persona
che piú si adoperò per sviluppare il calcolo fu Verde, fin dai tempi in cui
fece comperare le prime macchine calcolatrici Marchant elettriche e via via con
l'inizio del calcolo a Fisica, con l'apertura del primo centro di calcolo
dell'Università e con l'introduzione di Scienze dell'Informazione nella
Facoltà. La maggior parte del personale iniziale del Corso proveniva dalla
fisica e dalla matematica. In queste imprese Verde ebbe l'appoggio costante di
Deaglio.
Il primo calcolatore elettronico, in grado di preparare
la versione eseguibile dei propri programmi mediante traduzione (alcuni
calcolatori elettronici interpretavano programmi registrati su base magnetica
nella forma dettata dall'utente, come il Texas Instruments TI59), installato a
Fisica fu il modello Olivetti 6001 (Elea), arrivato nell'estate del 1962. Un
aspetto significativamente diverso rispetto ai calcolatori di oggi: la memoria
del 6001 era organizzata a caratteri invece che a parole. Pertanto un dato
scientifico doveva essere definito come una stringa di caratteri. Questo
modello era piu' indicato per calcoli teorici con pochi dati di input che
veniva dato sotto forma di un nastro perforato di carta. C'era anche un lettore
di nastro magnetico usato per leggere il software di base (compilatore,
caricatore, insieme di subroutines, ecc) fornito su una bobina di nastro
magnetico. La memoria centrale era formata da nuclei di ferrite, una novità significativa
per l'epoca. Un calcolo in virgola mobile richiedeva la presenza di subroutine
di emulazione poiché il 6001 non aveva un'unità in virgola mobile. L'esecuzione
di un programma richiedeva quindi la presenza di un operatore e fu assunto
Sergio Bergallo.
I dati sperimentali piu' voluminosi dell'epoca, derivanti
dalle misure in camere a bolle e a diffusione, venivano trattati perforando
schede meccanografiche a 80 colonne. Per dare un'idea del peso delle schede
richieste, un chilo di schede conteneva le misure di 2800 punti fotografici. Il
modello 6001 non venne usato per l'analisi di questi dati, non reggeva un
lettore di queste schede.
Il primo calcolatore in Italia che avesse una grande
capacità di memoria (32 K parole di 36 bit cadauna) e con unità di floating
point integrata fu un IBM 7090 installato al laboratorio Euratom a Ispra.
Alcuni fisici a turno caricavano la propria auto di pesanti cassette di schede
e andavano ad Ispra per passare i giorni necessari finché fossero elaborati i
dati portati. Un mezzo di calcolo cosi' raro e costoso non poteva essere
rallentato dalla lettura di grande quantità di schede meccanografiche di
ingresso. Pertanto le schede venivano lette su un IBM 1401 di bassa capacità
elaborativa e trasferite sul nastro magnetico che veniva poi letto sull'IBM
7090. Anche le stampe in uscita dai calcoli venivano prima registrate su nastro
magnetico e poi trasferite su carta dal 1401. In questa maniera un calcolo
completo richiedeva tre passaggi. Un ricordo personale di G. Rinaudo e A.
Werbrouck: tornando da Ispra sentirono per autoradio le notizie dell'assassinio
di John Kennedy. Era il 23 novembre 1963.
Era necessario controllare la perforazione delle schede,
altrimenti il lavoro poteva fermarsi e si sarebbe perso il turno. Il controllo
veniva svolto con un programma semplice fatto per l'IBM 750, disponibile alla
sera al Centro contabile del Azienda Tramviaria Torinese, mediante
l'inserimento di cavetti su di un pannello speciale che veniva inserito nel
750. Sia lo schema del cablaggio sia il software di preparazione del programma
applicativo erano arrivati in Italia nel baule del borsista post doc Werbrouck.
Nel 750 il programma in esecuzione era registrato su un tamburo magnetico che
girava a una velocità tale che la durata dell'esecuzione di un'istruzione
richiedeva un tempo poco inferiore al passaggio di sette istruzioni sotto le
testine di lettura del tamburo. Il software di preparazione programmi
interlacciava le istruzioni in modo che ognuna distava sette posizioni dalla
sua precedente, un esempio primitivo di ottimizzazione. Sfortunatamente il
fervore di certe pulizie effettuate negli Istituti di Fisica ha fatto
scomparire il pannello.
Un regalo di Natale arrivò alla fine del 1963: l'accesso
a un IBM 7040, installato al Centro Contabile FIAT Mirafiori, dopo i turni di
elaborazione propria della Società automobilistica che finivano verso le ore 23
(se tutto andava bene). Il 7040 non era veloce come il 7090 di Ispra ma la
comodità compensava la differenza in velocità. Si andava a Mirafiori piu'
spesso; i calcoli, se andava bene, finivano per le 3 - 4 della mattina. I
fisici di quell'epoca erano abituati a portare sulle spalle scatoloni di schede
pesanti piu' di 25 chili.
L'acquisizione di un calcolatore scientifico (IBM 360/44)
da parte dell'Università di Torino, su suggerimento del prof. Mario Verde
coadiuvato da alcuni giovani fisici (Werbrouck, Pier Carlo Giolito e altri), fu
un significativo passo avanti. cosí iniziò il centro di calcolo
dell'Università, diretto da Verde. Per ospitare il calcolatore in un vero
centro i proff. Deaglio e Verde convinsero Federico Porqueddu, responsabile dei
servizi generali e meccanici degli Istituti di Fisica, ad impegnarsi a
preparare in fretta una collocazione e nell'estate del 1968 sotto il suo
vigilante controllo venne costruito il semi-interrato nel giardino di Fisica
(noto a molti come il bunker) che oggi contiene il centro di calcolo dell'INFN
e il nodo GARR dell'Università di Torino. Lí il primo centro di calcolo
dell'Università di Torino iniziò la sua attività,a nei primi mesi del 1969. Il
primo direttore esecutivo fu Giolito.
Nacque ben presto un problema legato al fatto che il
360/44, pur appartenente alla serie IBM 360 lanciata nel 1964, aveva un insieme
ridotto di istruzioni, quelle necessarie alle elaborazioni scientifiche, in
modo da costare poco per gli enti scientici. Dopo un po' di entusiasmo generato
dalla piena disponibilità di un proprio calcolatore cominciarono ad arrivare,
da reparti non scientifici, richieste per calcoli basati su programmi scritti
in linguaggi commerciali (COBOL e RPG), che venivano compilati usando
istruzioni commerciali non presenti sul 360/44. Queste istruzioni venivano
emulate da subroutines, una soluzione che rallentava moltissimo l'elaboratore.
Inoltre, questo tipo di elaborazione richiedeva maggiore capacità e velocità
nelle risorse di input/output. In pratica la richiesta del calcolo aveva
superato sia la capacità dell'elaboratore sia la disponibilità di spazio. Come
aggiustamento parziale al problema, il microcodice del 360/44 venne esteso con
un "commercial extension" per emulare le istruzioni commerciali in
modo piu' efficiente che mediante un trap e una chiamata ad una subroutine.
Inoltre veniva aggiunto un canale di I/O e dischi magnetici di maggiore
capacità.
La fase successiva del centro di calcolo richiedeva
maggiore capacità elaborativa e maggiore spazio fisico. Fu smantellata l'Aula
Magna di fisica per fare posto, ma la nuova fisionomia del centro di calcolo e
il suo ampliamento richiedevano una sistemazione diversa.
Nel 1973 il nuovo corso di laurea in Informatica si era
visto assegnare tre piani di un condominio affittato in via S. Massimo 41, ma
prima che fosse occupato vi fu sistemato anche il centro di calcolo in modo
stipato, come si può immaginare. Il 360/44 venne sostituito dal 360/67, un
modello innovativo della serie 360 adatto al metodo d'uso interattivo emergente
noto anche come time-sharing. Il costo di gestione, principalmente l'affitto
della macchina, era sostenuto faticosamente dall'Università. L'introito del
servizio erogato era limitato da due fattori: l'incapacità dell'organizzazione
universitaria di pagare operatori per turni notturni e la necessità di spegnere
la macchina ad una certa ora serale per evitare ai condomini il disturbo creato
dal condizionatore d'aria necessario per il funzionamento dell'elaboratore.
Non mancarono però iniziative di ampio respiro: una
collaborazione con le Università di Padova, Bologna e Bari, con il CNUCE e il
Centro Ricerche IBM di Pisa avviò un progetto nazionale di reti di calcolatori
con protocollo a commutazione di pacchetto, prototipo delle moderne reti di
trasmissione dati.
Il 360/67, con la sua memoria virtuale gestita da una
unità periferica a tamburo, era il precursore della serie IBM 370 il cui
modello 370/158 fu adottato dal centro di calcolo nel 1975, in sostituzione del
360/67.
Durante la stessa estate del 1975, con la consulenza
legale del prof. Elio Casetta e l'impegno del Prof. Franco Ricca, veniva
avviata la stesura dello statuto del Consorzio Piemontese per il Calcolo
Automatico, adesso noto come CSI (Centro Servizi Informativi) Piemonte, tra
l'Università, il Politecnico e la Regione Piemonte. Nel frattempo veniva
allestita, con un'ardita ristrutturazione, un'ala dell'Istituto di Riposo di
Corso Unione Sovietica.
Nota:
Dopo cinque anni di gestazione il CSI-Piemonte iniziò a pieno ritmo la sua
attività nel 1980 con l'acquisizione del 370/158. Il centro di calcolo proseguì
ancora il servizio gestendo le connessioni remote con il CSI fino al 1983, anno
di cessazione di ogni attività.
Dopo il trasferimento del centro di calcolo in Via S.
Massimo, gli istituti fisici potevano avvalersi di collegamenti remoti con le
risorse di calcolo tramite una linea dedicata di trasmissione dati e un
terminale RJE (Remote Job Entry) prima basato su un minicomputer IBM 1130 e poi
un terminale specializzato DATA100, acquistato dall'Istituto di Scienze
dell'Informazione, che si era trasferito nel frattempo nell'ala sud
dell'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris con un ingresso in via
Valperga Caluso 37, l'attuale ingresso dei dipartimenti di Scienze della terra.
L'attuale epoca del calcolo scientifico a Fisica,
indipendente dai main-frame, comincia all'inizio del 1980 con l'installazione
di un VAX 11/780 al primo piano dell'Istituto di fisica ad opera dell'INFN.
Iniziò per la fisica una vera e propria rivoluzione. Per la prima volta si
abbandonò la schiavitu' delle schede cartacee. Questa macchina permise
all'Istituto di partecipare al grande e tumultuoso sviluppo delle reti
informatiche che in poco piu' di un decennio ha portato alla attuale Internet.
Il sistema operativo VMS permetteva lo scambio di messaggi (mail) tra i vari
utenti della macchina; quando fu introdotto il protocollo DECNET che permetteva
a varie CPU di colloquiare si collegarono tra loro i VAX 11/78 delle varie
sezioni dell'INFN. A tale scopo nei primi mesi del 1983 fu affittata, dalla
SIP, la prima linea telefonica con Bologna. Questa prima rete permise ai fisici
torinesi di entrare in comunicazione con la rete mondiale di comunicazione
accademica BITNET scambiando i primi messaggi di posta elettronica con i
colleghi sparsi nei vari laboratori italiani e stranieri. La rete informatica
nazionale e internazionale della fisica era pienamente operativa nel 1984. Lo
scambio immediato di dati e messaggi per via elettronica e la creazione di
elenchi che raccoglievano e distribuivano le pubblicazioni scientifiche
modificarono radicalmente il mondo della ricerca (almeno per i fisici).
Nel corso degli anni, con il miglioramento delle linee
telefoniche, questa prima rete si è notevolmente evoluta ed ha portato alla
costruzione delle prima rete estesa (WAN) italiana INFNET. Essa collegava tra
loro tutte le Sezioni Italiane dell'INFN (che nel frattempo si erano dotate di
efficienti reti locali LAN su ETHERNET), e attraverso il CERN, con tutti i
laboratori mondiali che avevano adottato questo protocollo di comunicazione.
Questa rete oltre allo scambio di messaggi consentiva anche l'accensione di
sessioni remote permettendo di lavorare su qualsiasi calcolatore della rete
stando sempre nel proprio ufficio. Nel 1986 il dipartimento di Informatica
traslocò al complesso Piero della Francesca e il bunker divenne disponibile per
una rinascita come centro di calcolo, questa volta dell'INFN. All'inizio degli
anni '90 la rete INFNET confluì nella prima rete accademica italiana GARR. Il
sistema World Wide Web per lo scambio di documenti via Internet fu sviluppato
al CERN nel 1989 e ampliato dal NCSA della Università dell'Illinois. La
conseguente esplosione dei siti Web pose Internet alla portata di tutti.
Dal dopoguerra la fisica torinese è sempre stata al piú
alto livello tra gli istituti italiani. Essa ha raggiunto rapidamente un
livello di innovazione, ricerca collettiva, espansione e collegamenti che
costituiscono un esempio per tutta l'università; ha fornito un modello di
integrazione nazionale e internazionale con cooperazioni che nascono e si
sviluppano sulla base dell'affinità della ricerca e degli interessi comuni.
La vita scientifica della fisica ha un carattere
collettivo con forte interattività tra gruppi che si occupano di problemi
diversi, con presenza continua di ciascuno dal mattino alla sera in Istituto,
popolato anche di sabato e di domenica (specialmente negli anni '50 - 70). Ciò
determina un ambiente di cui i primi a beneficiare sono gli studenti che vi
preparano la tesi di laurea.
Se i risultati raggiunti dalla fisica della nostra
università in tutti i campi in cui si è lavorato dai primi anni '50 in poi sono
stati fondamentali, questa attività, il cui sviluppo nel dopoguerra abbiamo
delineato, non è soltanto di carattere tecnico, come qualcuno potrebbe pensare.
La fisica è particolarmente adatta a promuovere una sorta di umanesimo
scientifico. E questi fisici del dopoguerra fanno parte di una comunità super
nazionale caratterizzata e vivacissima che costituisce un ambiente culturale,
una "opinione pubblica" mondiale. In questa cultura ricercatori e
studenti sono immersi, di essa condividono valori e attività che permettono di
stabilire ponti tra culture diverse, contribuendo a creare un clima di
collaborazione internazionale e di conoscenza reciproca, e atteggiamenti di
tolleranza e di impegno per un mondo migliore. Ciò ricade sulla società e sulla
cultura torinese e italiana attraverso le migliaia di studenti che negli anni
hanno partecipato a questa atmosfera di rinascimento scientifico permeata di
valori di cultura universale.
Ringrazio le molte persone intervistate, in particolare
Guido Bonfiglioli, Piero Brovetto, Carlo Castagnoli, Vanna Chirone Wick,
Marcello Cini, Nicolò Dallaporta, Joan Rees Franzinetti, Sergio Fubini, Carola
Maria Garelli, Luigi Gonella, Hilde Lanzberg Verde, Giuliano Micheletta,
Federico Porqueddu, Luigi A. Radicati di Brozolo, Tullio Regge, Italo Tricomi,
Maria Vigone, Albert Werbrouck. Esse mi hanno aiutato molto, ma non sono
responsabili delle inesattezze nel mio racconto.
APS = American Physical Society
ARAR = Agenzia Rilievo e Alienazione Residuati
ASI = Agenzia Spaziale Italiana
Berkeley = University of California at Berkeley, CA, USA
BNL = Brookhaven National Laboratory, Long Island, NY USA
CalTech = California Technological Institute, Pasadena CA
CEBAF = Continuous Electron Beam Accelerator Facility (oggi Thomas Jefferson
National Lab), Newport, Virginia
CERL = Central Electricity Research Lab, di Leatherhead, UK
CERN = European Laboratory for Particle Physics, Ginevra Svizzera
CNR = Consiglio Nazionale delle Ricerche
DAFNE = acceleratore per produzione di mesoni phi ai LNF
DESY = Deutsches Synchrotron Laboratory, Amburgo
EdF = Electricité de France
ECMWF = European Center for Medium Range Weather Prediction di Reading, UK
ESA = European Space Agency
ETH = Eidgenossische Technische Hochschule, Politecnico Federale di Zurigo
Fermilab = E. Fermi National Lab, Batavia IL
GARR = Gruppo Armonizzazione reti di Ricerca
IAS Institute for Advanced Study, Princeton N.J.
ICG Istituto di Cosmo geofisica del CNR di Torino
ICTP International Centre of Theoretical Physics, Trieste
INFN = Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
ISR = Intersecting Storage Rings, del CERN
JINR = Joint Institute for Nuclear Research, Dubna (Mosca)
LEAR = Low Energy Antiproton Ring al CERN
LEP = Large Electron Positron, collisore di elettroni e positroni al CERN
LHC = Large Hadron Collider, collisore per protoni in costruzione al CERN
LNF = Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN
LNGS = Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN
LNL = Laboratori Nazionali di Legnaro delll'INFN
LNS = Laboratori Nazionali del Sud a Catania dell'INFN
MIT = Massachusetts Institute of Thechnology
NBI = Niels Bohr Institute, a Copenhagen
PEP = Positron Electron Project, collisore di elettroni e positroni a SLAC
PS = Sincrotrone per protoni, del CERN
RD = Relazioni di dispersione
RM = Rappresentazione di Mandelstam
SC, SC2 = Sincro Ciclotrone, del CERN
SIN = Schweizerisches Institut f"ur Nuclear Forschung, Villigen, Zurigo
(oggi Paul Scherrer Institut)
SLAC = Stanford Linear Accelerator Center, Stanford University
SCOR = Scientific Committee on Oceanic Research
Serpukhov = Laboratorio del Sincrotrone per Protoni da 76 Gev, Protvino
(regione di Mosca)
Stanford = Stanford University, Stanford California
SpS = Super Proton Synchrotron, del CERN
SppbarS = SpS usato come collisore con fasci di protoni e antiprotoni
TRIUMPH = Triangle University Meson Facility (520 MeV), Canada
UCLA = University of California at Los Angeles, CA USA
ADEMOLLO
M
ADLER S.
AGENO M.
AIMONE R.
ALBERICO W.
ALGOSTINO G.
ALIKHANIAN A.
ALIVERTI G.
ALLARA M.
ALLASIA D.
AMALDI E.
AMALDI U.
AMATI D.
ANSELMINO M.
ANTONUCCI E.
ARAGO F.
ASCOLI R.
AVOGADRO A.
BALDO CEOLIN M.
BALESTRA F.
BALLESTRERO A.
BARUCCHI G.
BASTAI A.
BATTELLI A.
BEAUMONT C.F.
BECCARIA F. (p. G.B.)
BELLION
BENEDETTO A.
BEREZINSKI V.
BERGALLO S.
BERGAMASCO L.
BERNARDINI G.
BERNARDINI M.
BERTINI R.
BERTOCCHI L.
BERTOLINO G.
BETHE H.
BIALKOWSKI G.
BIEDENHARN L.C.
BISI V.
BJORKEN J.D.
BLACKETT P.M.S.
BLOKHINZEV D.I.
BOGGIO T.
BOGINO G.B.
BOGOLUBOV N.N.
B"OHM C.
BOLOGNA G.
BONAZZOLA G.C.
BONFIGLIOLI G.
BONINO G.
BORREANI G.
BORRELLI N.
BORSELLINO A.
BOSCO B.
BOTTINO A.
BOTTO G.
BOTTO G.D.
BRESSANI T.
BRIATORE L.
BROVETTO P.
BUDINICH P.
BUSSETTI G.
BUSSO L.
BUTLER C.C.
CAIANIELLO E.
CALDIROLA P.
CAMPAGNA P.
CANONICA (p.)
CARAZZA RIBOT B.
CARERI G.
CARLO ALBERTO
CARLO EMANUELE III
CASETTA E.
CASSINI C.
CASTAGNOLI C.
CAUCHY A.
CERIANA MAYNERI M.
CESTER R.
CHARPAK G.
CHEW G.F.
CHIAVASSA E.
CHIO` F.
CHUDAKOV A.
CIGNA G.
CINI G.
CINI M.
CIOCCHETTI G.
CIRIO F.
COLOMBINO P.
COLONNETTI G.
COMTE A.
CONVERSI M.
CORBINO O.M.
CORTINI G.
COSTA S.
CRESTI M.
D'ADDA A.
DALLAPORTA N.
DAL PIAZ P.
D'AURIA R.
DEAGLIO R.
de ALFARO V.
DEBENEDETTI A.
DE BENEDETTI S.
de BROGLIE L.
DEGREGORI I.
DELEUIL L.J.
DELLACASA G.
DEL SANTO P.P.
DE MARCO A.
DEMICHELIS F.
DILWORTH C.
DIRAC P.A.M.
DI VECCHIA P.
DODERO M.A.
DOSCH G.
DYSON F.
EANDI, G.A.
FACCHINI U.
FANO U.
FARINELLI U.
FAVELLA L.
FERMI, E.
FERRARI A.
FERRARIS, G.
FERRARO M.
FERRERO, A.
FERRERO F.
FERRERO L.
FERRERO M.I.
FERRETTI B.
FERRETTI P.
FERRO MILONE A.
FERRONI S.
FESHBACH H.
FEYNMAN R.
FIDECARO G.
FIERZ M.
FISCELLA B.
FONTENELLE B.
FOLLINI G. (p.)
FRANKLIN B.
FRANZINETTI C.
FRÉ p.
FUBINI S.
FUMI F.
FURLAN G.
GALEOTTI P.
GALLINO R.
GALLIO M.
GAMBA A.
GAMBA D.
GARBASSO, A.
GARELLA M.P.
GARELLI C.M.
GARFAGNINI R.
GARRO (p.)
GATTO R.
GELL-MANN M.
GENTILE G. (junior)
GHERARDI S.
GHIGO G.
GIACOSA G.
GIFFON M.
GIGLI BERZOLARI A.
GIOLITO P.C.
GIOVANNINI A.
GLIOZZI F.
GODDARD P.
GOLDSTONE J. 6
GONELLA L.
GOVI G.
GRAFFI D.
GREINER W.
GURSEY F.
GRECO M.
HAN M.Y.
HANSON A.J.
HANSON A.O.
HEISENBERG W.
HOFSTADTER R.
HOUTERMANS F.
INFELD L.
IVANENKO D.A.
JACKIW R.
KENNEDY J.F.
KITA H.
KHALATNIKOV I.M.
KOSTERLITZ M.
LAGRANGE, G.L.
LAPLACE P.S.
LATTES C.
LEADER E.
LEE T.D.
LEVI P.
LEVI SETTI R.
LEVY M.
LOMBARDINI P.P.
LONGHETTO A.
LONGONI A.
LOVERA G.
L"USCHER M.
MAC MILLAN M.
MAJORANA E.
MAJORANA Q.
MALVANO R.
MANFREDINI A.
MANFREDOTTI C.
MARCHETTO F.
MARGHEM N.
MARINGELLI M.
MAROCCHI D.
MARSHAK R.
MARZARI CHIESA
MASANI A.
MASERA G.
MATTUCCI I.
MAXWELL J.K.
MENICHETTI E.
MERLIN M.
MICHELETTA G.
MILONE M.
MINARDI E.
MINETTI B.
MOLINARI A.
MONGE G.
MONTALENTI G.
MOSCONI B.
MUIRHEAD H.
MUSSO A.
NABHOLZ H.
NACCARI A.
NAMBU Y.
NAPOLITANO E.
NAVARRA G.
NEEMAN Y.
NIELSEN H.C.
NOLLET J.A.
OCCHIALINI G.
OLIVE D.
OSBORNE A.
PACINI D.
PALAZZO L.
PANCINI E.
PANETTI M.
PASQUARELLI A.
PASSARINO G.
PAULI W.
PEGORARO F.
PEIERLS R.
PENENGO P.
PERENO G.
PERRONE G.
PERSICO E.
PERONI C.
PERUCCA E.
PIANO A.
PICCHI P.
PICCIONI O.
PIRAGINO G.
PLANA G.
POCHETTINO A.
POLLAROLO G.
PONTECORVO B.
PONTREMOLI A.
PONZANO G.
PORQUEDDU F.
POWELL C.
PREDAZZI E.
PRIESTLEY J.
PUCCIANTI L.
PUPPI G.
QUARATI P.
QUASSIATI B.
RACAH G.
RADICATI DI BROZOLO L.A.
RAINERI M.T.
RASETTI F.
RASETTI M.
REBBI C.
REGGE T.
RICAMO R.
RICCA F.
RICCATI L.
RINAUDO G.
ROCCA G.
ROCHESTER G.D.
ROMA (p.)
ROMERO A.
ROSSETTI C.
ROSSI B.
ROSTAGNI A.
RUBBIA C.
RUBINO C.
SAAVEDRA O.
SALUZZO DI MONESIGLIO G.
SALVETTI F.
SARTORETTI G.
SASSO G.
SCHERK J.
SCHERRER P.
SCHIFF L.
SCHWARZ J.
SCHWINGER J.
SCIUTO S.
SECCHI A.
SEGRE' E.
SEN P.
SERTORIO L.
SILVA E.
SILVESTRO G.
SITTE K.
SOMIGLIANA G.
STANGHELLINI A.
STENDHAL
STROFFOLINI R.
SUSSKIND D.
TALLONE L.
TEITELBOIM C.
TELEGDI V.
TENCONE B.
TECCHIO L.
THIRRING W.
't HOOFT G.
THORN C.B.
TOMASINI G.
TOMONAGA S.
TONIN M.
TOUSCHEK B.
TRABUCCO A.
TRIBUNO C.
TRICOMI F.G.
TRICOMI I.
TRINCHERO G.
TRIVERO P.
TROSSERO P.
TROSSI L.
VALSASNA L.
van DER MEER S.
VASCHETTI C.
VASSALLI EANDI, A.M.
VELTMAN M.
VENEZIANO G.
VERDE M.
VIGIER J.P.
VIGONE M.
VIOLINO P.
VIRASORO M.
VITALE B.
VITTORIO AMEDEO II
VOLTAIRE
WATAGHIN G.V.
WATAGHIN W.
WEINBERG S.
WEISBERGER W.
WEISSKOPF V.
WERBROUCK A.
WHEELER J.A.W.
WICK G.C.
WIDERÖE R.
YUKAWA H.
ZATZEPIN G.
ZEULI T.
ZUMINO B.
ZWEIG G.